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La guerre totale contre la corruption a-t-elle commencé?

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La semaine dernière un événement est venu secouer la scène politique russe. Le ministre de la Défense, Anatoly Serdioukov a été remercié par Vladimir Poutine.

Anatoly Serdioukov est un civil,  né dans le sud de la Russie. Il est passé par la case Saint-Pétersbourg, il a commencé sa carrière dans la finance, via le service des impôts de Saint Petersburg, puis le ministère des finances en 2004, alors qu’Alexeï Koudrine était ministre. En 2007, à la fin du second mandat Poutine,  il est nommé ministre de la défense.

Il va alors travailler avec acharnement à la réduction des dépenses, et pendant sa première année à ce poste, il diminuera de près d’un tiers l’effectif des officiers supérieurs de l’administration militaire centrale. En octobre 2008 enfin, sous la présidence Medvedev, c’est lui qui proposera le projet de réforme de l’armée russe destiné à réduire les effectifs, à modifier les chaînes de commandement et aussi à professionnaliser l’armée russe.

Au total, dans ce projet, ce sont plus de 700 milliards de dollars que l’État russe prévoit de dépenser jusqu’à 2020 pour rénover les forces armées.

Una dichiarazione di guerra contro la Russia?

La version Française de cet article est disponible ici
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Recentemente un noto teologo sunnita, lo sceicco Youssef Qaradawi ha fatto dei commenti alquanto sorprendenti e inaspettati, affermando
semplicemente che “Mosca (la Russia) è recentemente diventata un nemico dell’Islam e dei musulmani, il nemico numero uno ( …) e la Russia
è responsabile della morte dei civili in Siria
.” Durante il suo sermone pronunciato a Doha (capitale del Qatar), ha detto che i pellegrini musulmani alla Mecca quest’anno dovrebbero pregare “per la distruzione di Russia, Cina e Iran, che secondo lui sono i peggiori nemici dei musulmani e degli arabi, perché supportano il regime di Bashar al-Assad con la forza delle armi.” 

Questo teologo aveva anche lanciato una fatwa per l’omicidio di Gheddafi, all’inizio del 2011, una fatwa che  paradossalmente si è vista realizzare tramite gli eserciti occidentali. Sheikh Yusuf al Qaradawi, qatariota di origine egiziana, è ben noto e molto popolare in tutto il mondo  musulmano. Radicale e vicino alla confraternita dei Fratelli musulmani, ritiene che “la democrazia non sia compatibile con la Sharia” e anche che “la punizione inflitta agli ebrei da Hitler fosse la volontà di Dio e se Dio vuole, la prossima punizione sarà inflitta agli ebrei dai musulmani.” E’ anche un forte sostenitore degli attentati suicidi di Hamas in Israele e dice anche che l’Islam tornerà in Europa, ma questa volta da conquistatore.Nel 2002, lo sceicco, che è anche presidente di una istanza teologica che si chiama Consiglio Europeo per la Fatwa e la Ricerca (CEDF), è stato accolto con grande clamore in Francia. Nel 2004, gli venne anche chiesto dal governo francese di contribuire alla liberazione di ostaggi francesi in Qatar. Poi la marea cambiò, e benché la molto formale UOIF (Unione delle Organizzazioni Islamiche di Francia) sia affiliata con il CEDF,  quest’anno allo sceicco è stato vietato di entrare in Francia dall’ex presidente Nicolas Sarkozy in persona.

Queste osservazioni che emergono nel bel mezzo del conflitto siriano, illustrano perfettamente non solo le tensioni che circondano la Russia da parte delle frange più radicali del mondo musulmano, la guerra che cova in seno al mondo musulmano, ma anche le alleanze dirette, indirette
o che si stanno  creando indirettamente. Gli occidentali, che si sono fatti a lungo delle illusioni sulla primavera araba, possono chiaramente
vedere come la situazione non stia oscillando verso una società democratica, ma verso un inverno islamista. Tuttavia, la politica dei due pesi e due misure dell’occidente non è mai stata così evidente.

L’analista francese Alexandre Del Valle ha osservato  recentemente, e con molto stupore, che le potenze occidentali erano, per esempio, pronte
ad attuare la loro visione dirittumanitarista e interventista per proteggere i sunniti siriani, ma non hanno visto  la necessità di intervenire contro il massacro di due milioni di cristiani in Sud Sudan tra il 1960 e il 2007 da parte della dittatura militare-islamista di Khartoum*. Ci si può infatti chiedere perché la Siria venga messa al bando delle nazioni con il pretesto che sarebbe una dittatura, mentre l’Arabia Saudita e il Pakistan sono considerati “normali”. Semplicemente perché le armi nucleari del Pakistan potrebbe essere diretto contro l’India, alleato della Russia? Semplicemente perché le dittature wahhabite del Golfo Persico sono appassionate alleate degli USA, e da molto tempo? Queste monarchie sono ormai centri dell’Islam radicale e totalitario, che minaccia sia la Siria che il Caucaso, che vari quartieri sensibili delle capitali occidentali.

Il nuovo grande gioco orientale sta probabilmente bruciando le dita di chi pensava che gli stati arabi fossero pedine utilizzabili per raggiungere degli obiettivi geostrategici. Tunisia, Egitto e Libia sono ora sotto il controllo politico dei Fratelli musulmani, a cui lo sceicco Youssef al-Qaradawi chiede di indire la guerra santa contro la Russia. Anche in Marocco è primo ministro un Fratello musulmano. Questi paesi vogliono che i loro salafiti e takfiristi più radicali combattano all’estero, in Siria o in Mali. Il mondo sciita (Iran-Siria-Hezbollah-Iraq) è ora sotto la tremenda  ressione dell’asse radicale sunnita, l’asse che ha preso il potere ovunque la primavera araba abbia avuto successo, e che gode del sostegno delle democrazie occidentali. Conseguenza ultima di queste eruzioni, il Libano è ora sul punto di esplodere e la Giordania è sotto pressione.

Tuttavia non sorprende se il ministro degli esteri russo, all’inizio di questo mese, aveva ribadito che “gli europei non sanno nulla del Medio Oriente (…) e potrebbero destabilizzare l’intera regione, a cominciare da Libano e Giordania.” la Russia, anche se minacciata dalla nebulosa islamico-takfirista, non perde la bussola e ancora  logicamente difende i regimi nazionalisti e/o secolari della regione. La Russia ha ottenuto la giusta ricompensa per una politica estera equilibrata verso il mondo musulmano, grazie alla firma di contratti per la vendita di armamenti del valore di oltre 4 miliardi di dollari con l’Iraq. Mentre la guerra in Siria è forse al suo inizio, e mentre un candidato alla Casa Bianca ha descritto la Russia come il principale nemico degli USA(!) e al-Qaida invoca ufficialmente la guerra contro la Siria Bashar al-Assad, i politici europei dovrebbero chiedersi se la loro “collaborazione” con i nemici della libertà e della democrazia non possa ritorcerglisi contro e contro
la loro gente molto più velocemente di quanto pensano.

Une déclaration de guerre contre la Russie?

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Récemment un théologien sunnite réputé, le cheikh Youssef  Qardaoui, a tenu des propos assez surprenants et plutôt inattendus, en affirmant tout simplement que “Moscou (la Russie) était devenu récemment un ennemi de l’islam et des musulmans, un ennemi numéro un (…) et que la Russie est responsable de la mort des civils en Syrie”.

Pendant son prêche prononcé à Doha (capitale du Qatar), il a dit que les pèlerins musulmans à la Mecque devaient cette année prier Dieu “pour qu’il détruise la Russie, la Chine et l’Iran qui sont selon lui les pires ennemis des musulmans et des Arabes, parce qu’ils soutiennent le régime de Bachar el-Assad par les armes”. Ce théologien avait aussi lancé une Fatwa pour l’assassinat de Kadhafi début 2011, une Fatwa qui a paradoxalement vu sa réalisation grâce aux armées occidentales.  

Le cheikh Youssef al Qardaoui, qatari d’origine égyptienne, est bien connu et très populaire dans une partie du monde musulman. Radical et proche de la confrérie des frères musulmans, il considère que la “démocratie n’est simplement pas compatible avec la Charia” ou encore que
“le châtiment infligé aux juifs par Hitler était la volonté de dieu et que si Dieu le veut, le prochain châtiment des juifs sera infligé par les musulmans”. Il est aussi un fervent défenseur des attentats suicides du Hamas en Israël et affirme également que l’Islam va revenir en Europe mais cette fois en vainqueur. En 2002, le cheïkh, par ailleurs président d’une instance théologique qui porte le nom de conseil européen de la fatwa et de la recherche (CEFR), avait été accueilli en grande pompe en France. En 2004, celui-ci avait même été sollicité par l’état français pour contribuer à la libération d’otages français au Qatar. Puis le vent a tourné, et bien que la très
officielle UOIF (Union des organisations islamiques de France) soit affiliée au CEFR, le cheïkh s’est vu cette année interdit de séjour en France par l’ancien président Nicolas Sarkozy en personne.

 

Ces propos inquiétants qui surviennent en plein conflit syrien illustrent parfaitement non seulement la tension qui entoure la Russie dans les franges les plus radicales du monde musulman, la guerre qui couve au sein du monde musulman, mais aussi les alliances directes, indirectes ou par ricochet qui sont en train de se créer. Les
Occidentaux qui se sont longtemps fait des illusions sur les printemps arabes peuvent désormais clairement constater à quel point la situation a basculé non pas vers un été démocratique, mais au contraire un hiver islamiste. Et pourtant, la politique du deux poids deux mesures de l’Occident n’a visiblement jamais été aussi prospère.
L’analyste français Alexandre Del Valle constatait récemment avec beaucoup d’étonnement que les puissances occidentales étaient, par
exemple, promptes à appliquer leur vision droit-de-l’hommiste et interventionniste du monde pour protéger les sunnites syriens mais n’avaient visiblement pas jugé nécessaire d’intervenir contre le massacre de deux millions de chrétiens au Sud Soudan entre 1960 et 2007, par la dictature militaro-islamiste de Khartoum. On peut en effet se
demander pourquoi la Syrie est mise au ban des nations sous prétexte qu’elle serait une dictature alors que l’Arabie Saoudite ou le Pakistan sont considérés comme des Etats « normaux ». Est-ce simplement parce que les armes atomiques du Pakistan pourraient être dirigées contre l’Inde alliée de la Russie? Est-ce simplement parce que les dictatures
wahhabites du Golfe sont des alliées inconditionnels de l’Amérique et ce depuis bien longtemps ? Ce sont pourtant ces monarchies qui sont désormais les centres névralgiques d’un islam radical et totalitaire qui menace tant la Syrie que le Caucase ou de nombreux quartiers dits sensibles des capitales occidentales.

 

Le nouveau grand jeu oriental est sans doute en train de bruler les doigts de ceux qui pensaient que les Etats arabes étaient de simples pions utilisables pour atteindre des objectifs géostratégiques. La Tunisie tout comme l’Egypte et la Libye sont désormais sous le contrôle politique des frères musulmans, dont est issu le cheikh Youssef al-Qardaoui qui appelle à la guerre sainte contre la Russie. Même le Maroc a  aujourd’hui un premier ministre issu des frères musulmans. Ces pays voient désormais certains de leurs Salafistes et Takfiristes les plus radicaux combattre à l’extérieur, en Syrie ou encore au Mali. Le monde chiite (Iran-Syrie-Hezbollah-Irak) est aujourd’hui soumis à une pression terrible de l’axe sunnite radical, axe qui a pris le pouvoir partout où le printemps arabe est passé et qui bénéficie du soutien des démocraties occidentales. Dernière conséquence de ces éruptions, le Liban est désormais au bord de l’explosion et la Jordanie est sous pression. Il n’y a pourtant là aucune surprise, le ministre russe des Affaires étrangères avait au début de ce mois rappelé que
“les Européens ne connaissent rien au Proche-Orient (…) et risquent de déstabiliser la région tout entière, à commencer par le Liban et la Jordanie”.

 

La Russie, bien que menacée par la nébuleuse islamo-takfiriste, ne perd pourtant pas le nord et défend très logiquement les régimes nationalistes et/ou laïques de la région. La Russie vient d’obtenir la juste récompense d’une politique extérieure équilibrée dans le monde musulman via la signature de contrats d’armement pour une valeur de plus de 4 milliards de dollars en Irak. Alors que la guerre en Syrie n’en est peut-être qu’à ses prémices, que l’un des candidats à la Maison Blanche qualifie la Russie d’ennemi principal de l’Amérique (!), qu’Al-Qaïda vient officiellement d’appeler à la guerre contre la Syrie de Bachar el-Assad, les hommes politiques européens devraient se demander si leur “collaboration” avec les ennemis de la liberté et de la démocratie n’est pas de nature à se retourner contre eux et contre leurs peuples, bien plus rapidement qu’ils ne le
pensent.

Quel bilan tirer des dernières élections en Fédération de Russie?

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Dimanche 13 octobre des élections ont eu lieu dans 77 circonscriptions de la Fédération de Russie. Au total 4.848 scrutins divers et référendums de différents niveaux se sont tenus dans près de 27.000 bureaux de vote. Ces élections étaient attendues avec impatience par l’opposition et sans
doute avec une certaine inquiétude par le pouvoir russe. Il s’agissait en effet des premières échéances électorales depuis les grandes manifestations d’opposition de l’hiver dernier, et les résultats mitigés de Russie Unie aux législatives de novembre, mais également depuis la
présidentielle de mars 2012 qui a vu la tonitruante victoire de Vladimir Poutine avec 63% des suffrages au premier tour.

Enfin et surtout, ces échéances étaient attendues avec beaucoup d’attention et de curiosité par les commentateurs russes et étrangers. C’était l’occasion de tester à grande échelle l’état des rapports de force entre le pouvoir et l’opposition, la côte d’amour de Russie Unie dans la population, mais également de mesurer la capacité de mobilisation et d’attrait des candidats de l’opposition anti-Poutine. Une circonscription était principalement sous le feu des projecteurs: l’élection pour le poste de maire de la ville de Khimki, une petite bourgade de 200.000 habitants, limitrophe de Moscou au nord ouest.Ancien centre de l’aérospatiale soviétique, la ville est désormais plus célèbre pour sa belle forêt et sa médiatique candidate écologiste d’opposition Evguenia Chirikova. Cette dernière souhaite en effet faire interdire un projet d’autoroute Moscou – Saint Pétersbourg, prévoyant qu’un tronçon passe notamment par la forêt de Khimki, projet d’autoroute convoité par le groupe français Vinci.
Evguenia Chirikova, figure de l’opposition russe et des manifestations de contestation de l’hiver dernier contre Vladimir Poutine, se présente volontairement comme une candidate Écologiste et patriote (nationale-démocrate?) mais également pro-occidentale, comme en témoignent certaines vidéos troublantes de ses visites à l’ambassade américaine à Moscou.

Malgré le très haut niveau de soutien médiatique dont la candidate a bénéficié dans la presse française, les lettres de soutien du parti écologiste français ou les invitations à Paris 16ieme rien n’y a fait: les électeurs russes ont choisi de ne lui attribuer que 20% des suffrages. En face, le candidat de Russie Unie et actuel maire Oleg Chakhov a lui recueilli 48% des voix au premier tour. Avec 3.000 observateurs pour 72 bureaux de vote, on imagine mal comment les sempiternelles accusations de fraudes pourraient désormais être prises au sérieux par qui que ce soit. Les résultats de l’élection sont du reste conformes aux prévisions des derniers sondages avant élection qui donnaient 41% à l’actuel maire et 16% à Tchirikova.

Mais cette journée électorale avait un autre intérêt: l’élection des gouverneurs de région. Depuis 2004, ils étaient nommés (comme les préfets en France), mais une loi d’avril dernier a réinstauré leur élection au suffrage universel direct, il s’agissait du reste d’une des revendications des manifestants de cet hiver. Le pouvoir russe peu donc désormais dormir tranquille et remercier l’opposition. Les scores obtenus par Russie Unie sont plus que conséquents, avec respectivement 77%, 76,64%, 65%, 64,43% et 75,95% soit une moyenne de 71.8% des voix dans les régions concernées. Le parti dominant de la scène politique russe depuis 2001 conforte sa position. Le même jour des élections parlementaires locales ont également eu lieu dans 6 sujets de la fédération de Russie, élections qui ont également vu la victoire de Russie-Unie avec respectivement 50,2%, 78%, 44,9%, 53,2%, 69,7% et 70,9% soit une moyenne de 61%. A noter que si le parti communiste reste le principal parti d’opposition, c’est le parti Patriotes de Russie (parti nationaliste de gauche) qui apparaît comme la grande surprise de ce scrutin, avec 26,4% des voix aux élections parlementaires d’Ossétie du nord et 12,5% a l’élection municipale de Kaliningrad, remportée par le maire Russie Unie avec 56,84% des voix.

Pour l’opposition libérale issue des manifestations de l’an dernier, la défaite de Khimki pèsera sans doute lourd dans l’avenir. De plus, l’un des leaders de cette opposition, le radical de gauche Serguey Udaltsov, vient d’être mis en examen après avoir été filmé à son insu en discussion avec des hommes d’affaires géorgiens lui proposant des financements d’oligarques russes en exil à Londres pour organiser des désordres en Russie afin de faire vaciller le pouvoir russe. A titre d’information pour les lecteurs non russophones, il aurait été question, d’après ce reportage, d’attentats terroristes à Moscou, de faire sauter des voies ferrées pour isoler des villes ou encore de la prise de pouvoir par le biais d’une révolution locale de couleur à Kaliningrad.Sans doute assez abattus par les résultats électoraux de leurs candidats, Bolotnaiens et Sakharoviens ont décidé d’élire un “Parlement fantôme” ce week-end lors d’un vote sur internet, en fait 45 membres d’un nouveau conseil de coordination de l’opposition. Moins de 200.000 personnes se sont inscrites pour cette cyber-élection qui n’a rencontré de soutien qu’à Moscou, tant il est vrai que l’idée de faire voter par Internet ne concerne pas encore (loin s’en faut) la majorité de la population russe et s’avère donc sans doute une grave erreur stratégique. L’une des figures de l’opposition, Ilya Ponamarev, l’a lui-même reconnu: “Seuls les libéraux voulaient utiliser Internet, résultat: on a fait fuir les électeurs de gauche”.

Sans surprise donc ces élections ont vu la victoire des tenants de l’idéologie nationale-démocrate (en la personne d’Alexeï Navalny) devant les libéraux Bykov et  Sobtchak. Des résultats qui prouvent que le qualificatif “d’Ipadshikis” ou de “Hamsters du net” est non seulement adapté a cette coalition politique mais que surtout ils s’éloignent de plus en plus des convictions politiques de la base et du peuple russe, qui lui oriente de
plus en plus son vote (en dehors de Russie Unie) vers des partis politiques de gauche, étatistes et souverainistes comme viennent de le prouver les bons scores du parti communiste et l’émergence du mouvement” patriotes de Russie”.

Commentant le résultat des élections à Khimki, l’écrivain franco-russe Edouard Limonov (pourtant viscéralement anti-Poutine) tirait la conclusion suivante: “Cette élection a prouvé que les idées de Bolotnaia ne sont pas populaires au delà de la rocade extérieure de Moscou”. Et si la génération Bolotnaia ne pouvait tout simplement pas politiquement exister ailleurs qu’à Moscou centre?

La faillite des révolutions colorées

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Ce titre est le titre d’un texte paru en mars 2010, sous la plume de l’excellent analyste français Xavier Moreau, par ailleurs responsable de Realpolitik-TV Russie. A l’époque le texte  qualifiait l’arrivée au pouvoir du président ukrainien Viktor Ianoukovich de nouveau revers pour la politique américaine dans la région. L’élection ukrainienne de 2010 était en effet un test grandeur nature pour juger de l’aptitude d’un “régime issu d’une révolution de couleur” à pérenniser la direction politique et économique d’un pays sur la durée. Force a été de constater que ce test n’a pas été passé par les Orangistes du président Iouchenko. Moins de 6 ans après son élection ce candidat fantoche n’a en effet obtenu que 5% des voix à l’élection permettant aux électeurs de juger son premier mandat. Seulement deux ans plus tard, l’égérie de la révolution de couleur orange Ioulia Timochenko est elle en prison pour abus de pouvoir, tandis que le pouvoir ukrainien actuel semble en bonne position pour être conforté politiquement aux prochaines élections et ainsi mettre un terme définitif à la brève séquence historique “orange ukrainienne” (2004-2010). Est-ce le signe que l’Ukraine pourrait rapidement choisir de rejoindre l’Union Eurasiatique au lieu de l’Union Européenne?

La première de ces révolutions de couleur date de 12 ans et a frappé la petite Serbie. Des 1999, une campagne militaire de l’OTAN vise la république fédérale de  Yougoslavie. Après la campagne militaire, une fois mis au banc de la communauté internationale, le pays devient à la fois le théâtre d’opération et la cible d’une  extraordinaire opération de manipulation médiatique et politique, qui entrainera le renversement du régime Milosevic. Ce coup d’état démocratique est la fameuse  révolution de tracteurs, la première des révolutions de couleur qui va frapper l’Eurasie et les marches politiques russes durant la première moitie des années 2000. La Géorgie en 2003, l’Ukraine en 2004, la Kirghizie en 2005, la Moldavie en 2009, la Biélorussie en 2010 ou la Russie en 2011, nombre d’Etats seront visés par ces révolutions d’un nouveau genre.

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Pourquoi Vladimir Poutine?

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Récemment ma mère a croisé une de ses amies dans le rayon fromage du supermarché de la capitale dans laquelle elles résident toutes les deux.   Cette amie est une française d’environ soixante ans, catholique et d’un bon niveau social. Elle a beaucoup voyagé, surtout en Europe et c’est une personne plutôt ouverte d’esprit. Celle-ci donc, croisant ma mère, lui demanda la chose suivante: “ce n’est pas trop dur pour ton fils en Russie avec Poutine”?

 
L’homme vient justement de fêter ses 60 ans dimanche dernier. Soixante ans c’est seulement deux ans de plus que François Hollande ou François Fillon, et 3 ans de plus que Nicolas Sarkozy. Pour un homme politique européen c’est convenable. Pourtant Vladimir Poutine a déjà derrière lui une carrière politique impressionnante: deux mandats de président et un de premier ministre, soit déjà 12 ans à la tête du plus vaste pays du monde, désormais sixième économie de la planète. Continue reading

L’Union eurasiatique entre deux mondes

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Plusieurs événements récents, passés relativement inaperçus pourraient pourtant avoir des conséquences importantes pour l’avenir du continent européen. Le premier est la décision politique de la Bulgarie  de renoncerà poursuivre les négociations d’entrée dans l’Euro. Le plus pauvre despays de l’UE a pourtant enregistré une croissance positive en 2011 (1,7%) et sa croissance devrait être sensiblement équivalente en 2012également. Comme le ministre des finances bulgare l’a clairement résumé:

“Je ne vois actuellement aucun bénéfice à entrer dans la zone euro, seulement des coûts (…) C’est trop risqué pour nous et il n’est pas évident de savoir quelles sont les règles et ce qu’elles seront dans un an ou deux“.
Même tonalité dans les propos récents du ministre des finances polonais qui semble renvoyer à plus tard la perspective d’une entrée dans la zone euro en affirmant que: “Je n’aimerais pas emménager dans une maison où des éléments architecturaux, c’est-à-dire des éléments essentiels de la rénovation, n’ont pas été réalisés ; où le danger existe qu’un mur nous tombe dessus“. Dans le Nord de l’Europe, la Lettonie et la Lituanie ont également sensiblement différé leurs calendriers d’adhésion à la monnaie unique, ce qui traduit bien leur inquiétude face à la crise que connait l’UE.

Vers la Pax euro-asiatica?

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“Il est important de bâtir des ponts et non des murs”.
Vladimir Poutine, sommet de l’APEC, 09 septembre 2012.

Vladivostok (ville que les lecteurs de RIA-Novosti connaissent déjà un peu), a accueilli les 8 et 9 septembre le 24ème sommet de l’APEC.

L’APEC ou Coopération économique pour l’Asie-Pacifique a été créée en 1989. C’est un forum économique visant à faciliter la croissance économique, la coopération, les échanges et l’investissement de la région Asie Pacifique. L’APEC comprend 21 membres, principalement des états du pourtour pacifique dont la Russie et la Chine, bien que de nombreux état d’Asie et d’Amérique du sud cherchent à intégrer l’APEC, que l’on pense à l’Inde, à la Mongolie, au Pakistan, au Laos, au Bangladesh, au Costa Rica, à la Colombie, au Panama ou encore à l’équateur. En 2012 les membres de l’APEC représentent 40% de la population mondiale, 54% du PIB de la planète et 44% des échanges économiques.

 Pour la Russie qui organisait pour la première fois un sommet de l’APEC, le symbole était important. Vladivostok est en effet une citadelle russe au bord du pacifique, face à l’Asie. Alors qu’1/4 du territoire russe se trouve en Europe, l’Europe pourtant en crise, correspond à plus de 50% des échanges économiques extérieurs de la Russie. A l’inverse, les ¾ du territoire russe situés en Asie ne correspondent aujourd’hui qu’à ¼ de ses échanges commerciaux extérieurs.

Bien consciente des nécessités à équilibrer leur partenariat économique entre l’Est et l’Ouest, les autorités russes semblent donc réellement décidées à miser sur la carte Asie/Pacifique, le président russe affirmant qu’il s’agissait “d’une des priorités de la politique étrangère du pays”. Signe de ce basculement entamé depuis la crise financière de 2008 et bien que les échanges économiques avec l’UE aient considérablement augmenté durant la dernière décennie, c’est la Chine qui est devenu le principal partenaire économique de la Russie en 2009, devant l’Allemagne.

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Chypre: vers une base russe en Méditerranée?

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L’agence RIA-Novosti indiquait il y a quelques jours que le nombre de Russes ayant effectué des déplacements à l’étranger au cours des six premiers mois de l’année avait atteint 19,8 millions (soit une hausse de 6% par rapport au premier semestre 2011), et que le nombre de touristes avait lui aussi augmenté, passant sur 6 mois à 6,47 millions, soit une hausse de 6,6%. Parmi ces 6,47 millions de touristes russes, les 2/3 ont visité des pays lointains et seulement 1/3 la CEI.

  J’ai déjà il y a près d’un an donné les grands traits des comportements touristiques russes. Bien sur les  Russes recherchent avant tout chaleur et lumière, puisque plus de 35% des touristes Russes partent à l’étranger en bord de mer. Pour cette raison les destinations prisées sont la Turquie (936.400 touristes) et l’Egypte (804.000), qui proposent évidemment des solutions accessibles pour la classe moyenne russe. Derrière, la Chine reste la troisième destination la plus fréquentée par les touristes russes avec déjà 572.700 touristes en 2012. L’Espagne est également une destination très appréciée et devrait cette année voir plus d’un million de touristes russes. Continue reading

От Pussy Riot до Femen, крестовый поход против церквей?

Оригинальная статья была опубликована в РИА Новости

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Дело Pussy Riot не перестает производить шум. Никогда медийный мейнстрим так не обрушивался на Россию «Владимира Путина». Хватало и эмоциональных эпитетов, французская пресса не стеснялась говорить о лагере, и утверждала, что Россия вновь изобретает ГУЛАГ. Цель ясна, попытаться использовать тоталитарную риторику, чтобы усилить давление СМИ и шокировать мировое общественное мнение. Пускай многочисленные читатели, которые спрашивали меня, что происходит с другими участницами Pussy Riot в масках, успокоятся, эти девушки не являются агентами ФСБ, принявшими участие в провокации, как подсказывал мне один из читателей, их действительно разыскивают и, согласно последним новостям, они даже бежали из страны. Медийный мейнстрим вбивает в головы, что молодые женщины были осуждены за антипутинскую молитву, несмотря на то, что ни судьей, ни в приговоре этот факт не упоминался.


Вновь можно лишь констатировать, что медиа методично и навязчиво направляют это дело на личность Владимира Путина, как это уже было во время пожаров 2010 года, когда 
медийное наступление на охваченную пламенем страну достигло небывалого уровня агрессии. Так же, как на премьер-министра возлагалась ответственность за начало каждого пожара в 2010, так и теперь на него возлагается ответственность за каждый приговор в стране, особенно такой, который не нравиться некоторым американским и европейским артистам. У этих артистов нет в голове никаких других приоритетов? В их глазах осуждение на 14 месяцев тюремного заключения за богохульство (2 года, минус срок уже отбытого предварительного заключения) действительно оправдывает занятую
ими позицию? Любопытно, однако, что их не было слышно, когда в рамках Европейского Союза, в Польше, известная поп-певица преследуется и может получить два года тюрьмы  за «простое» богохульство. Никто не был шокирован тем фактом, что в  Германии сторонники Pussy Riot вторглись на Кельнский собор. В Германии закон предусматривает, что эти протестующие рискуют получить до трех лет тюремного заключения  за то, что помешали религиозному богослужению. Continue reading