Il sistema di sfruttamento occidentale non funziona più

La caduta dell’Unione Sovietica ha portato alla fine del sistema di relazioni internazionali di Jalta e al trionfo dell’egemonia statunitense. La conseguenza è stato il passaggio da un un mondo bipolare a uno unipolare. Tuttavia alcuni analisti parlano di un possibile ritorno a un mondo bipolare. Come considerate tale possibilità? C’è la possibilità che una potenza emergente sfidi l’egemonia degli Stati Uniti?
Il crollo dell’Unione Sovietica ha infatti portato direttamente al dominio statunitense negli affari mondiali. Quando Bush senior ha proclamato il nuovo ordine mondiale dalle sabbie dell’Iraq, molti (nel mondo occidentale) hanno anche pensato che sarebbe stato così per sempre, che la storia delle idee si sarebbe fermata e che il mondo sarebbe perciò sempre rimasto sotto il dominio statunitense. Vediamo oggi che si sbagliavano, e ci sono voluti solo dieci anni affinché la storia si riprendesse i suoi diritti, trascinando gli USA nelle guerre che ne accelerano il declino, mentre paradossalmente avrebbero dovuto stabilirne il dominio. Durante lo stesso decennio, la Russia si è ripresa dalle sue ceneri ed è tornata ad essere una potenza regionale forte. Un potenza che ha delle visioni di dominio in Eurasia, come ha martellato Vladimir Putin durante il suo primo discorso presidenziale del 7 maggio 2012. Si parla molto del confronto Russia /USA dall’inizio di questo secolo, ma questi paesi non saranno probabilmente mai i principali attori chiave del mondo di domani, come gli USA e l’URSS lo furono nel mondo di ieri. E’ logico che oggi la Cina sia puntata dagli strateghi statunitensi come principale avversario, perché è la Cina che rischia di diventare la maggiore potenza mondiale nel corso di questo secolo, sia economicamente, che finanziariamente, per popolazione e forse anche militarmente. E’ la Cina che dovrebbe quindi diventare il più grande concorrente degli USA in declino, e se non si fa nulla, il mondo di domani sarà scandito dalla contrapposizione Cina/USA.

Zbigniew Brzezinski ammette apertamente che gli Stati Uniti stanno perdendo la loro influenza. Qui, è possibile applicare il concetto di “superamento dei limiti (Imperial overstrech)“, introdotto dal famoso storico Paul Kennedy? Forse gli USA  affrontano lo stesso problema dell’URSS? Come valutate lo stato degli USA oggi?
Zbigniew Brzezinski invecchia e probabilmente si rende conto dei suoi errori, notando che le sue prospettive per il mondo futuro sotto il dominio statunitense non sono state pienamente realizzate. Dico “non del tutto” perché oggi il mondo è ancora dominato dall’iper-potenza statunitense. Il dollaro è ancora la valuta dominante nel 2012 e gli USA sono ancora la più grande economia del mondo, anche se la crisi del 2008 sembra aver inferto un colpo quasi fatale a questo dominio finanziario. Sul piano militare, questo predominio sembra finito. L’Iraq e soprattutto l’Afghanistan hanno mostrato i limiti della supremazia militare statunitense. Nessuno più vede gli USA come potenza invulnerabile come un decennio fa. Curiosamente, gli USA, come l’URSS, hanno scelto di morire e di mostrare la loro vulnerabilità al mondo nello stesso luogo: l’Afghanistan. Aggiungo che questa fine dell’impero era stata prevista dal sociologo francese Emmanuel Todd già nel 2002.

La perdita di influenza globale degli Stati Uniti significa né più né meno la fine del mondo unipolare. Ma si pone allora la questione del modello di transizione dei prossimi anni. Da un lato esistono tutti i presupposti per la nascita di un mondo multipolare, dall’altro ci troviamo di fronte al rischio della non-polarità, che significherebbe il caos.
In sostanza nessuno sa quali conseguenze dirette e indirette possa avere il crollo della superpotenza. Non si sa se la transizione post-unilaterale sarà caotica, e ne come questo caos potenziale si manifesterà. Si ci può domandare dei futuri attori più importanti del  “mondo post-dominio statunitense”. Cina e India sono destinate a diventare (in questo ordine) le due potenze dominanti del sud dell’Eurasia e del sud-est asiatico. La Russia diventerà probabilmente la potenza dominante nel Nord ed Ovest dell’Eurasia, ma probabilmente anche un nuovo polo di attrazione
culturale, politico e religioso per le nazioni europee. Vorrei aggiungere che né la Cina né la Russia né l’India hanno e probabilmente non dovrebbero avere ambizioni globali, queste potenze dovrebbero avere forti ambizioni regionali nelle loro rispettive zone di influenza, cioè Eurasia/Asia centrale/Sud-Est asiatico. Ora questa zona è ovviamente un’area strategica geopolitica chiave. Gli interessi regionali russi, indiani, cinesi e statunitensi quindi probabilmente continueranno ancora ad incrociarsi, e ad accentuare il nuovo grande gioco tra queste grandi potenze nel cuore dell’Eurasia. Così è dubbio che la transizione a un mondo multipolare (o almeno a un mondo che non sarà più sotto il controllo statunitense) avvenga in modo non caotico, almeno inizialmente.

Il progetto “contro-egemonico” sviluppato da Cox, delinea l’attuale ordine in base alle relazioni internazionali e mira a sviluppare una guerra contro l’ordine internazionale. Cox, che vuole creare un blocco contro-egemonico, respinge l’egemonia dominante. La base del sistema egemonico dominante è l’ideologia liberale. Quale ideologia a vostro avviso, può sostituirla e unire gli attori politici che non sono d’accordo con il dominio occidentale?
La contrapposizione delle ideologie comuniste e liberali aveva il vantaggio di strutturare il mondo. Dalla vittoria dell’ideologia liberale tramite la vittoria militare e politica della coalizione occidentale, il senso di unità globale è stato più o meno generale, perché “il mondo” pensava che la vittoria sarebbe stata definitiva e che l’ideologia del vincitore avrebbe “funzionato”. Ma tre decenni più tardi (e questo è stato accelerato dalla crisi del 2008) il sistema sembra ora essere danneggiato e probabilmente anche insostenibile, non adatto al mondo. L’ideologia liberale ha accelerato la globalizzazione, ma la globalizzazione ha probabilmente contribuito indirettamente alla distruzione del dominio occidentale e dell’ideologia liberale ad essa legata, che ha messo l’economia al centro della storia umana, così come il marxismo aveva in qualche modo fatto prima. Uno sguardo verso le potenze emergenti dà indubbiamente degli indizi sul prossimo futuro. I nuovi emergenti attori mondiali, (ad esempio i BRICS), sono un gruppo di potenze emergenti che, nonostante le loro importanti differenze culturali, di civiltà, geopolitic e demografiche, hanno anche molti punti comuni. La loro emersione è caratterizzata da un tipo di sviluppo che sfida le raccomandazioni del liberalismo economico. Queste potenze sono caratterizzate da un forte intervento statale. I BRIC sono anche delle società in transizione, dalla tendenza autoritaria (Cina, Russia) o da società conservatrici dominate da caste (India, Brasile). Pertanto non accettano gli standard occidentali sullo Stato di diritto e la democrazia. Le loro politiche estere stanno convergendo per sfidare lo status quo post-Guerra Fredda e il dominio occidentale americano-centrico. I BRICS condividono un valore fondamentale: la sovranità nazionale come elemento strutturale di base del sistema internazionale. Infine, i BRICS hanno dei sistemi concentrati sulle tradizioni sociali, l’identità e la religione. Questi sono probabilmente gli indizi riguardo la costituzione possibile delle ideologie che sostituiranno l’ideologia attualmente dominante.

Se proiettiamo il modello multipolare della mappa economica mondiale, si vedrà la coesistenza di diversi poli, e al tempo stesso l’esistenza di una potenziale nuova matrice economica, allontanantesi dal discorso capitalista occidentale. Pensate che il concetto di “autarchia dei grandi spazi” sia applicabile?
Credo che dovremmo differenziare la fine del mondo unipolare, e il suo corollario corrente, la fine del mondo occidento-centrico, con la globalizzazione che continuerà. Il mondo occidentale crolla per motivi principalmente politici, demografici ed economici, ma anche spirituali.
Il suo “codice” di funzionamento non è chiaramente più funzionale, o adatto al mondo di oggi. La globalizzazione che questo sistema ha contribuito ad accentuare gli sarà stata fatale. Oltre a ciò, la potenza dominante dalla fine della seconda guerra mondiale (USA) non ha più modo di promuovere il suo sistema di valori e di pensiero, o d’imporre il suo sistema di governo militare e, pertanto, guidare il mondo occidentale. Detto questo. anche se il mondo occidentale scomparisse e l’indebolimento degli USA continuasse durante la prima metà di questo secolo, la globalizzazione continuerà sotto altri aspetti, culturali, umani o semplicemente demografici. Un esempio: nel 2030, il mondo avrà forse 8,5 miliardi di persone e tutta la generazione più giovane del pianeta intero saprà leggere e scrivere, cosa che non è mai successo prima. Ci saranno sconvolgimenti umani, probabilmente senza precedenti.
Non credo che l’ideologia anti-occidentale sia un vettore sufficiente per costruire un mondo nuovo. I BRICS probabilmente daranno un’idea di cosa potrebbe essere il mondo di domani, che sarà un mondo di consolidamento delle civiltà e di identità. In realtà un mondo dei grandi spazi autocentrati. La globalizzazione dovrebbe ampliare e anche forzare “il mondo di domani”, entrando in contatto con gli altri. Si può sinceramente dubitare che il mondo diventi improvvisamente più amichevole e senza tensioni. Tutto questo probabilmente avverrà in modo molto caotico, in
un primo momento, poiché non vi sarà più un dominante che più o meno controlli, strutturi o comandi questi flussi.

Pensate che ormai il destino del nuovo ordine mondiale dipenda dalla Russia, che è il cuore dell’Heartland, essenziale per contenere e anche indebolire la visione strategica di dominio globale degli Stati Uniti?
Vedo diverse equazioni correlate insieme, e tutte legate all’Heartland. In primo luogo il controllo globale degli USA e il suo dispositivo mondialista si sono formati tramite la capacità di proiezione, vale a dire, estendere oltre i propri confini la propria forza militare, economica o politica tramite le ONG e le rivoluzioni colorate, per esempio. Questa estensione è stata effettuata attraverso un controllo militare degli oceani senza equivalenti storici, ma anche utilizzando l’Europa occidentale dominata come testa di ponte per attaccare l’Eurasia. Questa battaglia contro l’URSS per il controllo globale divenne (dopo la caduta dell’Unione Sovietica) una battaglia contro la Russia per il controllo dell’Eurasia.
Oggi la capacità di proiezione statunitense è indebolita dalla situazione  finanziaria, sociale, morale e politica del paese. L’espansione della NATO è bloccata, gli strateghi statunitensi prevedevano senza dubbio una Russia agli ordini che sarebbe servita come testa di ponte degli USA per attaccare la Cina in pieno risveglio, ma la ricomposizione russa dal marzo 2000 e lo sviluppo della Cina, ostacolarono tali piani. Questo è il motivo per cui la Russia è di nuovo il nemico principale, in quanto impedisce l’interferenza statunitense in ciò che è noto come Heartland. La Russia è oggi l’equazione chiave per impedire che dal mondo sotto il dominio unilaterale statunitense, si corra il rischio di avere un mondo bilaterale USA/Cina. Paradossalmente, la Russia avrà a che fare con la Cina in un sottile equilibrio di forze, amichevole ma fermo.

Siamo ormai sull’orlo di una transizione dal sistema unipolare a un mondo multipolare, in cui gli attori non sono più le nazioni, ma intere civiltà. Recentemente il professor Aleksandr Dugin ha pubblicato un libro sulla “teoria del mondo multipolare”. Questo libro getta le basi teoriche da cui una nuova fase storica può iniziare, sia nella politica estera degli Stati che nell’economia globale di oggi, ciò implica la transizione ad un modello multipolare. Certo, significa anche l’emergere di un nuovo linguaggio diplomatico. Pensa che il mondo multipolare sia lo stato naturale del mondo e che la transizione al modello multipolare sia inevitabile?
Non credo nel mondo unipolare e mi sembra senza dubbio che un mondo multipolare sia in grado di meglio preservare l’equilibrio complessivo.
Ma è ancora necessario, per questo, che ci siano diversi giocatori di dimensioni e peso più o meno equivalente, e i cui interessi non si  intersechino. Sappiamo molto bene che questo non è il caso. I grandi di oggi e di domani hanno i loro interessi. Non credo in una luna di miele eterna tra i paesi non-occidentali vincitori. In questo senso la Russia potrebbe essere di fronte all’equazione molto  difficile di contenere un’Asia in esplosione, attraverso la Cina, che probabilmente in modo naturale e molto veloce farà sentire la sua influenza nel cortile russo in Asia centrale, e con una coalizione occidentale che ora installa un dispositivo militare sul fianco occidentale russo. Il crollo degli Stati Uniti, a mio parere, rinvia quindi direttamente al ruolo dell’Europa e della Russia nel mondo di domani. Metto insieme questi due blocchi pe luogo perché né la Russia né l’Europa probabilmente hanno i mezzi per farvi fronte; ciascuno di questi due raggruppamenti ha le sue debolezze strategiche e strutturali. L’Europa è attualmente un gigante economico ma un nano politico e spirituale. La situazione è opposta per la Russia, che è un gigante politico e spirituale, ma anche un relativo nano economico, se ci dimentichiamo delle materie prime. La questione del rapporto Europa/Russia è uno dei punti chiave del futuro. Il potenziale politico, economico e militare dell’insieme euro-russo, dall’Atlantico al Pacifico, questo titolo potrebbe fare di questo gruppo uno dei giganti del mondo di domani. Naturalmente si deve dire che l’Europa deve accettare di diventare un insieme eurasiatico, alleandosi con la Russia e tutti i paesi che sceglieranno di allearsi alla Russia nel prossimo futuro. Ho parlato della necessità di avere attori di dimensioni simili. Come francese d’Eurasia, quindi, penso alla creazione di un’asse Parigi-Berlino-Mosca-Astana per questo scopo, poiché il vasto corpo Euro-Eurasiatico sarebbe un potente polo sovrano, indispensabile per contribuire alla pace nel  ontinente, e anche nel mondo.
Traduzione di Alessandro Lattanzio

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