Cinque morti, 300 feriti e ancora una volta i media mainstream che svolgono perfettamente il loro ruolo creando un doppio standard a dir poco disgustoso.
Il governo ucraino legittimamente eletto che si ritene dirigere e governare, ha preso la decisione legittima e sovrana di fermare (respingere?) i colloqui di associazione con l’UE, mentre firma un forte accordo bilaterale con la Russia.
Senza tornare alle ragioni economiche e culturali che potrebbero determinare la scelta del destino con la Russia piuttosto che con Bruxelles (come ho scritto qui, vale la pena chiedersi perché la comunità europea e occidentale sostenga manifestanti che mostrano in questi giorni una violenza inusuale.
Le manifestazioni divampate ai primi del 2014 non comprendono più di 150-200000 persone (45,5 milioni di abitanti) concentrate a Kiev, dove provocano continue violenze da diversi giorni. La legge sul divieto delle proteste delle autorità ucraine, del 22 gennaio, e destinata a por fine al caos urbano, non ha calmato l’ardore di migliaia di guerriglieri contro le forze dell’ordine.
Da diversi giorni, gli attacchi contro le forze di sicurezza nel centro di Kiev hanno poca o nessuna attenzione dai media, che si limitano a denunciare le violazioni del diritto di protestare e a criticare la violenza dello Stato ucraino e delle sue forze di sicurezza. Ancora una volta, sono i media russi a mostrare le immagini delle violenze contro i poliziotti ucraini da parte dei manifestanti addestrati, equipaggiati e, ovviamente, decisi a dare battaglia, come si vede qui, qui e qui.
In seguito, le immagini del poliziotto che brucia vivo sotto i tiri delle Molotov dell’opposizione, cominciarono a diffondersi nella rete. Senza molta sorpresa, la polizia ha risposto violentemente e forse anche con vere munizioni poiché, secondo alcune fonti, dei manifestanti sarebbero stati uccisi da proiettili, provocando un concerto di proteste dalle ambasciate occidentali. Si dovrebbe indagare studiato chi abbia sparato per primo (proprio come in Siria all’inizio delle manifestazioni), ma subito sorge spontanea la domanda: la polizia ucraina dovrebbe lasciarsi bruciare viva?
E’ curioso vedere come funziona il doppio standard su tale tema nel meccanismo morale e mediatico occidentale. Nel 1993, quando la polizia aprì il fuoco in Russia per evitare che i manifestanti assaltassero il parlamento russo, l’occidente adorò l’azione in nome della difesa della democrazia e nonostante centinaia o migliaia di morti, secondo le fonti. Ci si potrebbe anche chiedere perché Bruxelles non s’indigna con la Turchia, dove 13 manifestanti morirono durante le proteste del 2013. Si potrebbero anche ricordare i 32 manifestanti morti durante le proteste di OccupyWallStreet negli Stati Uniti d’America e l’elenco potrebbe essere allungarsi.
Si ha il diritto di bruciare i poliziotti ucraini, anche se si è un picchiatore o membro del movimento neonazista ucraino che adora il 3° Reich, a condizione che siano “per l’Europa” e “contro la Russia di Putin”? I media occidentali infatti sono stranamente discreti sugli appelli della comunità ebraica ucraina, i cui membri vengono aggrediti dai manifestanti “pro-europei”, costringendoli ad adottare misure di sicurezza per proteggere le sinagoghe dai manifestanti “pro-europei” che, naturalmente, secondo il rabbino capo dell’Ucraina, provocano tensioni nella capitale.
Trattando l’Ucraina come una entità non-statale e senza sostegno, infiammando i nazionalisti contro la Russia, la comunità occidentale ha una pesante responsabilità sugli eventi in Ucraina. L’occidente cerca di sostenere un violento colpo di Stato in Ucraina contro uno Stato sovrano e un governo democraticamente eletto? Riuscirà a chiudere le porta dell’UE all’Ucraina, dopo la violenta e plausibile repressione del potere ucraino nei prossimi giorni, inviando l’Ucraina tra le braccia della Russia? Una cosa è certa, la coesistenza temporale di tali eventi con la convocazione della Conferenza Ginevra 2 e l’inizio dei Giochi Olimpici di Sochi, lascia assai scettici sulla loro spontaneità.