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Battaglia per Mosca

Il XX secolo ha visto la sostituzione dell’egemonia inglese con quella statunitense. Questa sostituzione di una potenza marittima con un’altra non ha cambiato le due necessità ineludibili della talassocrazia anglosassone: in primo luogo il controllo dei mari, ma anche l’obbligo di intervenire nel centro geoeconomico del mondo. Questo secondo obiettivo è inscritto nella dottrina geopolitica anglosassone, che definisce i rapporti tra potenze mondiali come una concorrenza tra le potenze definibili come marittime (Inghilterra, USA) e quelle definibili come continentali (Germania, Russia, Cina). Questa teoria appartiene ad uno dei padri della geopolitica moderna, Halford Mackinder (1861-1947), che ha definito l’esistenza di un “perno del mondo” (Heartland) situato in Eurasia, in una zona che si estende sull’attuale Siberia, sull’Asia centrale e sul Caucaso. Mackinder temeva che questa zona del mondo si organizzasse e diventasse completamente sovrana, escludendo così l’America dalla gestione degli affari del mondo. Secondo Mackinder il più grande pericolo sarebbe stato un’alleanza dei due principali imperi continentali: la Germania e la Russia. Egli fa dunque appello alla costituzione di un fronte di Stati capace d’impedire la nascita di una tale coalizione. Dopo il 1945, l’URSS è stata vista, per le sue dimensioni e la sua influenza, come la principale potenza in grado di unificare questo Heartland. Essa è dunque diventata l’avversario principale dell’America. Una seconda teoria geopolitica, sviluppata da Nicholas Spykman (1893-1943), considera che la zona essenziale non sia tanto lo Heartland, quanto la regione intermedia fra quest’ultimo ed i mari circostanti. Questa seconda teoria, che va a completare la prima, proponeva di impedire alla potenza principale (l’URSS di ieri e la Russia dal 1991) di avere accesso ai mari. Anche per conseguire questo obiettivo bisogna costituire un fronte di Stati, ma al fine di creare e controllare una zona tampone tra l’URSS e i mari vicini (Mare del Nord, Mar Caspio, Mar Nero, Mar Mediterraneo).

Per la storica Natalia Narochnitskaja, questa volontà di arginamento è sempre attuale. Si tratta soprattutto di tener lontana la Russia dal settore nord dell’ellissi energetica mondiale, zona che comprende la penisola araba, l’Iraq, l’Iran, il Golfo persico, il Caucaso settentrionale (Caucaso russo) e l’Afghanistan. In concreto, si tratta di impedire l’accesso agli stretti, ai mari, agli oceani, nonché alle zone delle grandi risorse energetiche, dunque di respingere la Russia verso il nord e verso l’est, lontano dal Mediterraneo, dal Mar Nero e dal Mar Caspio. Questa spinta si esercita dunque su un primo fronte, che va dai Balcani all’Ucraina, per il controllo dell’Egeo, del Mar Nero e del Mar Caspio, e su un secondo fronte, che va dall’Egitto all’Afghanistan, per il controllo del Mar Rosso, del Golfo Persico e del Mar Caspio.

            Il controllo statunitense sulla nuova Europa
Alla fine della seconda guerra mondiale, l’America e l’URSS si affrontano: è la “guerra fredda”, in un mondo definibile come “bipolare”. Questa guerra fredda terminerà con l’affondamento dell’URSS nel 1991. Il mondo successivo al 1991 sarà unipolare e americocentrico: il nuovo ordine mondiale del presidente Bush senior prende forma nel 1991, sulle sabbie dell’Iraq. All’epoca, molti pensano che nulla più cambierà, si parla della fine delle ideologie, addirittura della fine della storia, con un’America che regnerà per sempre sul pianeta. Durante la guerra fredda, l’unione europea viene costruita su fondamenta transatlantiche, poiché sono stati gli USA, col Piano Marshall, ad “aiutare” l’Europa in rovina a ricostruirsi, prima di controllare la sua trasformazione in Unione Europea. Ambrose Evans-Pritchard, giornalista britannico del “DailyTelegraph”, dopo lo studio dei documenti resi pubblici dagli Archivi nazionali degli USA (1) spiegherà il ruolo dei servizi segreti statunitensi
nella campagna in favore d’un’Europa unita negli anni Cinquanta e Sessanta. Questi documenti mostrano che lo strumento principale di Washington nell’applicazione di questo piano per il continente fu il Comitato Statunitense per un’Europa Unita (American Commitee for a United Europe – ACUE), creato nel 1948. Donovan, che allora si presentava come un avvocato di diritto privato, ne era il presidente. Il vicepresidente era Allen Dulles, direttore della CIA negli anni Cinquanta. Il consiglio d’amministrazione dell’ACUE comprendeva Walter Bedell Smith, che era stato il primo direttore della CIA, e tutta una serie di personalità dell’OSS e di funzionari che andavano e venivano dalla CIA. I documenti rivelano inoltre che l’ACUE finanziò il Movimento Europeo, la più  importante organizzazione federalista europea negli anni del dopoguerra. Anche il Dipartimento di Stato svolse il suo ruolo, poiché una nota della direzione Europa, datata 11 giugno 1965, consiglia al vicepresidente della Comunità Economica Europea, Robert Marjolin, di perseguire la costruzione di un’unione monetaria europea. Essa raccomanda di impedire ogni dibattito finché l’adozione di tali misure non diventi praticamente inevitabile. Infine i documenti confermano che gli USA operavano molto attivamente dietro le quinte per portare la Gran Bretagna ad integrare l’organizzazione europea. Ciò consente di comprendere meglio la guerriglia condotta dagli USA dal 1961 al 1969 contro il generale De Gaulle, quando quest’ultimo impediva l’ingresso dell’Inghilterra nella nascente Unione europea. Questa integrazione transatlantica ed occidentale si traduce in una solidarietà antisovietica durante la guerra fredda. A poco a poco, l’estensione della NATO diventa una sorta di complemento naturale dell’integrazione di nuovi Stati nell’Unione europea. Così la NATO impedisce ogni sovranità militare in Europa, mentre l’organizzazione sovranazionale europea è sprovvista di ogni sovranità politica. Questa estensione della NATO verso est, nel momento in cui il Patto di Varsavia non esiste più, ha un disegno geopolitico ben preciso: usare l’Europa come testa di ponte per aiutare la penetrazione statunitense nel continente eurasiatico e   respingere più ad est l’influenza russa.
La logica geopolitica è evidente: conservare il controllo del continente ed un’Europa incomp eta, onde evitare che l’Europa unificata diventi un gigantesco polo politico-economico, concorrente degli USA.

            Anni duemila: il dato nuovo
 L’elezione di Vladimir Putin (che per l’analista Aymeric Chauprade è un grande evento geopolitico) e la rapida rinascita della Rus accompagnato da una pressione mantenuta sull’Est europeo e sul Caucaso. Vari Stati hanno costituito, negli anni 2000, l’obiettivo di eventi politici simili: le “rivoluzioni colorate”. Esse hanno coinvolto soprattutto degli Stati i cui regimi non erano particolarmente ostili a Mosca, né specificamente filoccidentali (2). La grande stampa occidentale ha spesso presentato questi eventi come sollevazioni spontanee e democratiche. Oggi sappiamo che le “rivoluzioni colorate” sono state in realtà colpi di Stato “democratici” (3), sponsorizzati e coorganizzati dall’esterno per il tramite di numerose ONG, la cui lista è consultabile qui (4). Si è parlato di “orangismo” (in relazione con la “rivoluzione arancione” in Ucraina) per qualificare questa corrente geopolitica occidentalista. La “rivoluzione” in Ucraina ha potuto beneficiare anch’essa del sostegno finanziario di donatori inaspettati, come l’oligarca liberale in esilio Boris Berezovskij (5), per il quale la “rivoluzione” era diretta in primo luogo contro la Russia.

            Un obiettivo geopolitico: il frazionamento della Russia
Nel settembre 1997 uno dei più influenti politologi statunitensi, Zbigniew Brzezinski, pubblicò un articolo sulla geopolitica dell’Eurasia spiegando che il mantenimento dell’egemonia statunitense passava attraverso una divisione della Russia in tre Stati distinti, che si sarebbero poi raggruppati sotto la denominazione di “Confederazione Russa”; nel libro La grande scacchiera egli affermava che in tal modo la Russia sarebbe meno propensa a nutrire ambizioni imperiali e non sarebbe in grado di impedire il controllo dell’Eurasia da parte degli USA. Questa idea di smembrare la Russia in più Stati è vecchia. All’epoca del “grande gioco” nel XIX secolo, durante la lotta che contrapponeva gl’imperi russo e britannico in Asia centrale e nel Caucaso, l’Inghilterra aveva ben compreso l’importanza – e, per essa, la minaccia – delle recenti conquiste russe, fatte a spese dell’Impero ottomano, che aprivano alla Russia un accesso al Mediterraneo ed al Mar Nero. Dal 1835 l’Inghilterra cercò dunque di destabilizzare la Russia, in particolare inviando armi nel Caucaso e creando comitati ceceni o circassi all’epoca del Congresso di Parigi del 1856, dopo la guerra di Crimea. Questo fronte caucasico resterà, nel corso dei secoli XX e XXI, una sorta di ventre molle, attraverso il quale  l’Inghilterra e poi gli USA tenteranno di destabilizzare la Russia. Agl’inizi del XX secolo, infatti, alcuni responsabili delle repubbliche musulmane di Russia, soprattutto nel Caucaso e nell’Asia centrale, cercarono di organizzare la lotta per la loro indipendenza col sostegno dell’Occidente: fu la nascita del Prometeismo (6), un movimento che per tutto il secolo lottò per ridestare le identità e incoraggiare diversi separatismi, al fine di indebolire la Russia. Dopo la disgregazione dell’URSS e la scomparsa del Patto di Varsavia, una parte delle élites russe aveva ingenuamente pensato che la guerra fredda fosse finita e che la NATO non avrebbe più cercato di ingrandirsi. Il sostegno di Vladimir Putin a George Bush nel 2001 avrebbe potuto segnare l’inizio di una collaborazione nell’emisfero settentrionale, nel quadro di un’alleanza estesa da Vancouver a Vladivostok. A tale scopo venne pure creato nel 2002 un consiglio Russia-NATO (7). Ma, contrariamente alle promesse fatte alla parte russa, l’espansione della NATO verso est è continuata, in una logica post guerra fredda; ci sono state le “rivoluzioni colorate” e le intenzioni degli USA nel Caucaso e nell’Asia centrale non sono affatto chiare. Oggi l’accerchiamento della Russia prosegue con l’installazione dello scudo antimissilistico alle frontiere del paese (8). Le idee di Mackinder, di Spykman e di Brzezinski forse non sono morte e la Russia è oggi il bersaglio di una pressione “arancione” che mira allo smembramento del paese.

            Una manipolazione “arancione”: il nazionalismo secessionista
I commentatori stranieri spesso fanno fatica ad interpretare e ad ammettere la ricomposizione identitaria e territoriale in corso. La Russia odierna può essere definita uno Stato eurasiatico, multietnico e confessionale. La Russia non è una nazione; secondo Nikolaj Starikov (9) essa è “un composto unico di centinaia di popoli, esteso su quasi tutto il continente eurasiatico”. Non c’è una Russia, ma ci sono le Russie, tenute insieme grazie ad un potere politico centrale, che compensa gli effetti d’inerzia determinati dalle dimensioni del territorio, dalla varietà dei popoli che vi abitano e dalle grandi differenze dei modi di vita di questi popoli. Come è stato perfettamente sintetizzato da Natalia  Narochnitskaja: “La Russia vive contemporaneamente nel XIX, nel XX e nel XXI secolo. Essa combina l’opulenza e la miseria; la tecnologia d’avanguardia coesiste con le condizioni di vita più arretrate; sul suo territorio si trovano tutti i climi possibili; vi convivono numerose religioni e civiltà. La coabitazione relativamente armoniosa di tutta questa diversità fa della Russia un caso unico. Comunque sia, qui non abbiamo mai avuto guerre di religione simili a quelle che hanno infuriato in Europa”.
Vi sono tuttavia dei fatti che rivelano il progetto di un’agitazione “arancione” in Russia. Nel 2010 l’incidente della miniera di Rapadskaja fu seguito da una manifestazione violenta, che risultò essere stata organizzata soprattutto col sostegno di siti informatici inglesi (10) ed ucraini (11) che incitavano alla violenza contro lo Stato russo. In seguito a questi avvenimenti, apparve in rete una misteriosa “Unione dei residenti del Kuzbas”, la quale invocava nientemeno che la secessione della Siberia occidentale (12). Per il deputato locale, la pista straniera “arancione” era la più probabile in relazione allo scoppio dei disordini (13). In maniera sorprendente, questi appelli furono ripresi da siti indipendentisti caucasici (14) e difesi dal maggiore Dimovskij, un poliziotto reso celebre dalla grande stampa occidentale per aver denunciato in un video la corruzione in Russia. L’inchiesta aveva permesso di identificare uno dei possibili sostegni (15) di quest’ultimo: il Comitato dei diritti dell’uomo di Novorossisk, una sottofiliale dell’USAID, che è una delle principali ONG attive nel fornire appoggio alle “rivoluzioni colorate”. Dimovskij affermò semplicemente che era pronto a lavorare con “l’Unione dei residenti del Kuzbas”. Ora, siccome questa organizzazione è totalmente virtuale, come si
sono stabiliti i legami tra loro? E perché la stampa liberale ha dato ampio spazio a questi due casi (16)? Ma gli appelli alla “rivoluzione” ed al separatismo non riguardano soltanto comparse virtuali. Nell’estate 2010 un gruppo chiamato “Fratelli della foresta” si diede alla macchia nell’estremo oriente russo, dopo aver preso parte a numerose aggressioni, a devastazioni di commissariati ed anche all’omicidio di un poliziotto. Il gruppo era costituito di nazbol, i militanti anarchici che predicano la “rivoluzione” permanente e si richiamano al capo politico Eduard Limonov, un personaggio controverso della scena intellettuale e politica russa in possesso della doppia cittadinanza francese e russa, il quale fin dall’inizio degli anni 2000 si è schierato con gli oppositori del Cremlino, sostenendo la fazione più liberale e più filoccidentale. Il gruppo (17) denunciava la corruzione del sistema di polizia, ma anche la degenerazione della società. Così questi “rivoluzionari” d’estrema destra ed
anarchici esprimevano a fior di labbra il loro sostegno ai ribelli salafiti e wahhabiti contro l’armata federale russa.

             
Ancora una volta, ritroviamo la retorica secessionista e antifederale al centro delle rivendicazioni. Curiosamente, certe associazioni per i diritti umani hanno denunciato la brutalità poliziesca in occasione dell’intervento contro questi giovani terroristi. È il caso dell’associazione Agora (18), che d’altronde è accusata di finanziare il terrorismo (19) sul territorio della Federazione Russa, nella repubblica musulmana del Tatarstan. Non c’è da stupirsi dunque se questa associazione si trova nell’elenco di quelle che hanno beneficiato delle sovvenzioni (20) del National Endowment for Democracy (21), un organismo finanziato dal Dipartimento di Stato USA che controlla e finanzia a sua volta centinaia di ONG nel mondo.

            L’oppositore Navalny: un progetto statunitense?
Nel 2010 ha fatto la sua apparizione un Dimovskij bis, col sostegno mediatico occidentale. Si tratta del blogger Aleksej Navalny, che si propone come paradigma di virtù denunciando i casi di corruzione politica e di malversazione finanziaria, cause del resto alquanto seducenti. Nel novembre 2010 ha pubblicato delle informazioni su un furto di quattro miliardi di dollari commesso da alcuni funzionari durante la costruzione di un oleodotto nella Siberia orientale, un furto che sarebbe stato concordato ai più alti vertici dello Stato. È stato lui, nel febbraio 2011, a  lanciare la parola d’ordine che qualifica Russia Unita come un partito composto di “truffatori e ladri”; ha anche creato una sorta di Wikileaks russo (Rospil.info). Relativamente popolare in Occidente, Navalny è poco noto in Russia e in fin dei conti poco apprezzato, poiché solo il 6% dei Russi lo conosceva e solo l’1% dei Russi avrebbe fiducia in lui (22). Perché? Innanzitutto perché molti altri blogger hanno, e da tempo, denunciato la corruzione in Russia, come per esempio Ivan Begtin, che ha creato il sito Rosspending. Per molti, l’emergenza mediatica di Navalny, il diretto sostegno che egli ha ottenuto dai media liberali russi (“Vedomosti” o “L’eco di Mosca”) e soprattutto stranieri, i suoi legami con l’ambasciata statunitense o il suo invito negli Stati Uniti – dove ha tenuto una conferenza sulla corruzione (23) davanti a responsabili di ONG “arancioni” (24) – sarebbero segni del fatto che costui è solo una marionetta incaricata di destabilizzare la Russia, una sorta di reincarnazione di Eltsin (25). Recentemente sono state svelate al gran pubblico alcune coversazioni private di Navalny avvenute per via informatica. Ne risulta che dal 2007 costui collabora attivamente con il NED (26), l’ONG “arancione” che finanzia diverse associazioni sovversive (27) per conto del Dipartimento di Stato. Navalny è anche attivamente collegato con Robert Bond, un diplomatico statunitense ben conosciuto in Russia. Fra i donatori e informatori di Navalny figuravano il politologo Stanislav Belkovskij, vicino, in un certo periodo, a Boris Berezovskij ed agli indipendentisti ceceni (28). Come per caso, Navalny si sarebbe recato discretamente (29) a Londra, dove avrebbe incontrato Boris Berezovskij e il suo luogotenente Andrej Sidelnikov, cofondatore del movimento Pora (30), copiato dal Pora che ha organizzato la “rivoluzione arancione” in Ucraina (31). Sidelnikov ha anche organizzato a Londra le manifestazioni  “Strategie31” (32), che riuniscono sia liberali sia nazbol come… Eduard Limonov (33). Ex militante di Jabloko (partito dell’opposizione liberale), Navalny è anche un nazionalista secessionista: ha partecipato alla marcia russa (34) in mezzo a migliaia di radicali d’estrema destra (35) che hanno ripreso le accuse contro Putin e Russia Unita ed hanno invocato la Russia senza Caucaso auspicata da Navalny (36).

            “Smettiamola di sfamare il Caucaso”
La conseguenza di questa pressione secessionista è stata la comparsa di nuovi movimenti politici. È il caso, ad esempio, di un nuovo movimento giovanile che si definisce movimento dei “nazional-democratici”, i naz-dem, denominazione che fa stranamente pensare ai naz-bol, implicati  nelle diverse azioni citate più sopra; ma bisogna ricordare che Aleksej Navalny (37) si definisce egli stesso come “nazional-democratico”, poiché, in quanto membro liberale e filoccidentale di Jabloko, aveva redatto un manifesto nazionalista (38) e si era definito “nazionalista democratico” (39). Egli aveva d’altronde predetto che il cambiamento di potere in Russia non sarebbe passato attraverso le elezioni, ma, né più né meno, attraverso uno scenario di tipo tunisino (40). Questo movimento ha svolto un ruolo importante nelle manifestazioni del dicembre 2011. All’epoca, furono utilizzate delle bandierine con parole d’ordine e messaggi in lingua inglese (41), cosa che fino ad allora era una specialità esclusiva dell’opposizione liberale. Questa tendenza non è rappresentata soltanto da appelli all’indipendenza del Caucaso. Il movimento preconizza anche (42) un più stretto avvicinamento con l’Unione Europea e con la NATO, nonché “l’abbandono di ogni velleità imperialista postsovietica nell’Europa centrale” e, ancora, una revisione dei recenti trattati firmati con la Cina (!) Infine, il movimento è attestato su posizioni ostili al mondo arabo e molto filoisraeliane. 

            “Smettiamola di sfamare Mosca”
 Il Caucaso non è il solo bersaglio dei “secessionisti” finanziati dall’Occidente. Anche in altre parti della Russia hanno avuto luogo manifestazioni secessioniste che esortavano a smetterla di “sfamare Mosca”. In particolare in Siberia, a Novosibirsk, recentemente si sono svolte manifestazioni con parole d’ordine quali: “La Siberia ai Siberiani” (43) o, appunto, “Smettiamola di sfamare Mosca” (44). Le azioni sono state guidate dagli stessi gruppiradicali di destra in collaborazione con una frangia liberale sostenitrice dei diritti umani (45 . Non è stata soltanto la Siberia ad essere interessata, poiché azioni simili hanno avuto luogo nel sud, a Samara sul Volga, o anche a Belgorod. Neanche Mosca è stata risparmiata, perché il 25 ottobre scorso (46) vi si è svolta una manifestazione che ha riunito gli oppositori liberali sotto le parole d’ordine “Smettiamola di sfamare il Caucaso” e “Non paghiamo il tributo a Mosca”. A questa manifestazione si è potuta notare la partecipazione di Vladimir Milov (47), un ex dirigente di Solidarnost che oggi è alla testa del movimento d’opposizione Scelta Democratica (48). Tuttavia, stando ai dati ufficiali, il Caucaso non è affatto la regione più sovvenzionata dalle autorità federali, come è perfettamente dimostrato qui (49). Tutte queste adunate non  mobilitano folle numerose; tuttavia sulla rete c’è una grande agitazione, in vista di future manifestazioni contro la politica di Russia Unita (50). Gli appelli provengono da misteriose organizzazioni, una delle quali ha ripreso il nome di un’organizzazione, dissolta dopo il colpo di Stato del 1991, che coalizzava “socialisti e nazionalisti” contro il Cremlino (51). Un’altra arriva dall’Ucraina (52).

            Verso una rivoluzione delle nevi in Russia?

Ricordiamo i fatti: in seguito alle elezioni del 4 dicembre 2011, che hanno comportato un calo di Russia Unita e un forte guadagno dei partiti nazionalisti o di sinistra, sono state denunciate delle frodi elettorali. Queste frodi avrebbero permesso al partito di governo, che disponde delle risorse amministrative, di falsificare i risultati gonfiando i propri suffragi. Chiunque conosca la Russia contemporanea, questa giovane  democrazia sovrana e guidata, sa che le elezioni sono bene o male rappresentative delle tendenze e delle opinioni popolari, nonostante le numerose irregolarità che accompagnano ogni appuntamento elettorale. In Occidente, pochi si sono lamentati del fatto che il candidato del partito comunista, Gennadij Zjuganov, si sia lasciato rubare la vittoria alle elezioni presidenziali del 1996, a causa di un furto organizzato dai falchi del giro di Eltsin, vale a dire il clan Berezovskij. Esistono studi approfonditi che rivelano irregolarità a vari livell . Tuttavia la corrispondenza delle esplorazioni preelettorali e dei sondaggi d’opinione con gli exit-poll e i risultati finali sembra dimostrare che queste elezioni sono state di gran lunga le più corrette della giovane storia russa (53). Dopo la crisi finanziaria, la situazione è stata relativamente modificata; ma se nessuno in Russia aveva potuto pronosticare una sconfitta di Russia Unita in queste elezioni, molti avevano previsto il forte calo di questo partito e la relativa perdita di voti dei partiti di sinistra come il partito comunista o Russia Giusta.

Al di là dell’Atlantico sono stati messi a punto piani di disordini per colpire la Russia. Molto prima delle elezioni e del loro prevedibile risultato, è stata inventata un’organizzazione chiamata Belaja Lenta; il nome del dominio del relativo sito informatico è stato depositato negli Stati Uniti nel novembre 2011 (54). Questa notizia è molto importante, perché consente di capire la manovra. Non appena sono stati resi noti i risultati delle elezioni e la vittoria di Russia Unita, le proteste sono dilagate sulla rete. Le scene di frodi elettorali diffuse da parecchi blog e reti sociali ricordano l’agitazione informatica delle “rivoluzioni” di Facebook, che nel 2009 hanno colpito la Moldavia e l’Iran e recentemente il mondo arabo. La popolazione che ha manifestato – per lo più giovanile, istruita e di sesso maschile – era convinta che qualcosa le fosse sfuggito.

Incredibilmente significativo: i sondaggi e le inchieste sui manifestanti (55) hanno rivelato che il 40% di loro aveva votato per il partito liberale Jabloko, la cui percentuale finale è stata del 7% a Mosca e del 15% a San Pietroburgo, ma solo del 3% a livello nazionale! La conclusione è semplice: il ceto medio superiore delle grandi città oggi manifesta contro colui grazie al quale si è arricchita in questi ultimi anni. Mentre gli elettori e il popolo chiedono più Stato e più ordine (avanzata dei partiti statalisti di sinistra e dei partiti  nazionalisti), le manifestazioni sono fatte da una iperclasse media urbana che   invece reclama meno Stato e più libertà individuale. In aggiunta a questi  contestatori liberali, un fronte di ultrasinistra e anarchico (rappresentato da Sergej Udaltsov) e un fronte d’estrema destra (rappresentato dal carismatico Aleksej Navalny) sono riusciti a stipulare una provvisoria pax anti-Putin, delimitando i contorni politici di questa opposizione piuttosto eclettica. Un fronte anti-Putin che opera sotto il benevolo ombrello finanziario delle ONG statunitensi attive in Eurasia, alle quali Hillary Clinton ha assicurato che il Congresso aumenterà le sovvenzioni per il 2012, anno delle elezioni presidenziali in Russia.

Sicuramente la grande maggioranza di questi manifestanti non è consapevole di contribuire ad un movimento molto più ampio, destinato a creare disordini ed a far scendere nelle strade quanta più gente possibile, per paralizzare il paese, indebolirlo e quindi accentuare la pressione internazionale. È il modus operandi delle “rivoluzioni colorate”. Una minoranza di attivisti manipola una maggioranza ingenua.
Come diceva il giornalista Maksim Shevcenko (56): “Io non posso accettare le parole d’ordine politiche utilizzate in queste manifestazioni. Esse sono state escogitate da individui moralmente screditati. Aleksej Navalny, per esempio, ha fatto appello alla separazione del Caucaso, usando una parola d’ordine (“Ne ho abbastanza di sfamare il Caucaso!”) la quale mette nello stesso sacco diverse regioni (Daghestan, Cecenia, Ossezia) che non hanno avuto la stessa storia e hanno rapporti diversi col Centro. L’appello alla separazione del Caucaso è una manipolazione della realtà, una provocazione spregevole. Tutti i casi di falsificazione devono essere denunciati alla giustizia o divulgati tramite la rete. Si vorrebbe procedere alla confutazione, ma non si ha voglia di farlo; un giorno, poi, si pensa che le chiacchiere messe in circolazione siano veridiche.
Invece, la realtà è molto più seria. Sulla rete ci sono molte scene di frodi elettorali. Forse è vero, ma forse si tratta di falsificazioni. La veridicità di queste prove potrebbe essere stabilita solo da una perizia indipendente, per esempio una commissione parlamentare con la partecipazione di ambedue le parti. Sarebbe l’unico modo. Ci invitano a fidarci dell’isteria dei troll della rete! Ci crediamo, ma virtualmente, come è virtuale la rete. Detto ciò, credo che per il paese i risultati delle elezioni siano piuttosto positivi. Al livello federale il quadro costituzionale del paese è stato conservato, i voti dei partiti d’opposizione sono aumentati in misura significativa. Ciò significa che in cinque anni, a livello locale, i rapporti di forza saranno seriamente riconsiderati. Vedremo gli altri partiti affrontare Russia Unita. La gente delle manifestazioni vorrebbe creare imbarazzi allo sviluppo del sistema parlamentare e giuridico, solo perché il loro partito – per esempio Jabloko  – non è potuto entrare nella Duma e non è riuscito a far annullare le elezioni. Io non credo a questa musica, non più che a queste manifestazioni. Il paese ha bisogno di unità, bisogna preservarne l’integrità e gl’interessi. Bisogna anche ripulire il paese da tutto il marciume oligarco-liberal-criminal-occidentale, dappertutto, fino all’ultimo villaggio. Il potere deve appartenere al nostro  popolo polietnico e policulturale, e non al lumpen delle città, che campa di denaro e di speculazione”.

Mentre si avvicinano le elezioni del marzo 2012, la battaglia per Mosca è forse già cominciata.

Bataille pour Moscou?

Le 20ème siècle a vu le remplacement de la domination anglaise par la domination américaine. Ce remplacement d’une  puissance maritime par une autre ne modifiera pas l’existence de deux contraintes incontournables: d’abord la maîtrise des mers mais aussi l’obligation d’intervenir  dans le centre  géo économique du monde. Ce deuxième objectif est inscrit dans la doctrine géopolitique anglo-saxonne, qui définit les rapports entre puissances mondiales comme une concurrence entre les puissances dites maritimes (Angleterre, Amérique), et celles dites continentales (Allemagne, Russie, Chine). Cette théorie est celle d’un des pères de la géopolitique moderne, Halford Mackinder (1861-1947), qui a défini  ’existence d’un “pivot du monde“ (Heartland) situé en Eurasie, dans une zone couvrant l’actuelle Sibérie,l’Asie centrale et le Caucase. Mackinder redoutait que cette zone du monde ne s’organise et ne devienne totalement souveraine, excluant ainsi l’Amérique de la gestion des affaires du monde. Le plus grand danger selon Mackinder aurait été une alliance des deux principaux empires continentaux que sont l’Allemagne et la Russie. Il appelle donc à la constitution d’un front d’états capable d’empêcher une telle coalition de voir le jour. Après 1945, l’URSS est vue de par sa taille et son influence comme la principale puissance susceptible d’unifier ce Heartland. Elle est donc devenue par défaut l’adversaire principal de l’Amérique. Une seconde théorie géopolitique développée par Nicholas Spykman (1893-1943) considère que la zone essentielle n’est pas tant le Heartland que  la région intermédiaire entre ce dernier et les mers riveraines. Cette seconde théorie, complétant la première, proposait d’empêcher la puissance continentale principale (URSS hier et Russie dès 1991) d’avoir accès aux mers. A cette fin, un front d’états devait également être créé mais afin de constituer et de contrôler une zone tampon entre l’URSS et les mers voisines (mer du nord, mer Caspienne, mer noire, mer méditerranée). 
Pour l’historienne Natalia Narochnitskaya, cette volonté d’endiguement est toujours d’actualité. Il s’agit surtout d’écarter la Russie du secteur nord de l’ellipse énergétique mondiale, zone qui comprend  la péninsule arabe, l’Irak, l’Iran, le Golfe persique, le Caucase nord (Caucase russe) et l’Afghanistan. Concrètement il s’agit de couper l’accès aux détroits, aux mers, aux océans ainsi qu’aux zones à fortes ressources énergétiques, et donc de repousser la Russievers le Nord et vers l’Est, loin de la méditerranée, de la mer noire, et de la mer Caspienne. Cette poussée s’exerce donc sur un premier front allant des Balkans à l’Ukraine pour le contrôle de la mer Égée et de la mer noire, et sur un deuxième front allant de l’Égypte à l’Afghanistan pour le contrôle de la mer rouge, du golfe persique et de la mer Caspienne.

Mainmise américaine sur la nouvelle Europe
A la fin de la seconde guerre mondiale, l’Amérique et l’URSS se font face, c’est la guerre froide dans un monde que l’on peut définir comme bipolaire. Cette guerre froide finira avec l’effondrement de l’URSS en 1991. Le monde d’après 1991 sera unipolaire et américano-centré,  le nouvel ordre mondial du président Bush père se concrétise dans les sables d’Irak en 1991. A l’époque beaucoup pensent que plus rien ne changera jamais, on parle de la fin des idéologies, voire de la fin de l’histoire avec une Amérique qui régnerait à jamais sur la planète. Pendant la guerre froide, l’Union européenne s’est bâtie sur des fondements transatlantiques, puisque c’est l’Amérique via le plan Marshall qui a « aidé » l’Europe ruinée à se reconstruire, avant de superviser sa transformation en Union européenne. Ambrose Evans-Pritchard, journaliste britannique du Daily Telegraph, expliquera après l’étude de documents rendus publics par les Archives nationales des États-Unis le rôle des services secrets américains dans la campagne en faveur d’une Europe unie, dans les années 1950 et 1960. Ces documents montrent que l’instrument principal de Washington dans la mise en œuvre de ce plan pour le continent était le Comité américain pour une Europe unie (American Commitee for a United Europe – ACUE), créé en en 1948. Donovan, qui se présentait alors comme un avocat en droit privé, en était le président de ce comité. Le vice-président était Allen Dulles, directeur de la CIA dans les années 50. Le conseil d’administration de l’ACUE comprenait Walter Bedell Smith, qui avait été le premier directeur de la CIA, et toute une liste d’anciennes personnalités de l’OSS et d’officiels qui faisaient des allers-retours avec la CIA. Les documents révèlent aussi que l’ACUE a financé le Mouvement Européen, qui était la plus importante organisation fédéraliste européenne pendant les années d’après-guerre. Le Département d’État joua également un rôle puisqu’une note de la direction Europe, datée du 11 juin 1965, conseille au vice-président de la communauté économique européenne [CEE, qui a précédé l’UE], Robert Marjolin, de poursuivre l’édification d’une union  monétaire européenne. Elle recommande d’empêcher tout débat jusqu’à ce que
l’adoption de telles mesures devienne pratiquement inévitable”. Enfin les documents confirment que l’Amérique œuvrait très activement dans les coulisses afin d’amener la Grande Bretagne à intégrer l’organisation européenne. Ceci permet de mieux comprendre la guérilla que l’Amérique a menée contre le général De Gaulle de  1961 à 1969 lorsque celui-ci empêchait  l’entrée de l’Angleterre dans l’Union européenne naissante.  Cette intégration transatlantique et occidentale se traduira par une solidarité anti-soviétique pendant la guerre froide. Peu à peu, l’extension de l’Otan est devenue une sorte de complément naturel de l’intégration de nouveaux états à l’Union européenne. Ainsi l’Otan empêche toute souveraineté militaire en Europe, alors même que l’organisation supranationale européenne est dépourvue de toute souveraineté politique. Cette extension vers l’Est de l’Otan, à un moment ou le pacte de Varsovie n’existe plus aura un dessein géopolitique bien précis: utiliser l’Europe comme tête de pont pour aider la percée Américaine vers le continent eurasiatique et refouler l’influence russe le plus a l’est de ce continent eurasiatique.La logique géopolitique est évidente: garder le contrôle du continent et une Europe coupée, afin d’éviter que l’Europe unifiée ne devienne un géant pôle politico-économique, concurrent de l’Amérique.

Années 2000 : La nouvelle donne
L’élection de Vladimir Poutine (qui pour l’analyste Aymeric Chauprade est un événement géopolitique majeur) et la renaissance rapide de la Russie ont modifié les rapports entre puissances pendant la dernière décennie. L’agrandissement de l’Otan en Europe orientale s’est accompagne d’une pression maintenue sur l’est de l’Europe et sur le Caucase. Plusieurs états ont été visés par des événements politiques similaires dans les années 2000: des révolutions de couleurs. Elles ont concerné principalement des états dont les régimes n’étaient pas spécialement hostiles a Moscou, ni réellement pro occidentaux. Dans le mainstream médiatique occidental on a souvent présenté ces événements comme des soulèvements spontanés et démocratiques. On sait aujourd’hui que les révolutions de couleur étaient en réalité des coups d’états démocratiques, sponsorisés et co-organisés de l’extérieur via un grand nombre d’ONGs, dont la liste est consultable ici. On a parlé « d’Orangisme » (en lien avec la révolution orange en Ukraine) pour qualifier ce courant géopolitique occidentaliste. La révolution en Ukraine a aussi pu bénéficier du soutien financier de donateurs plus inattendus comme l’oligarque libéral en exil Boris Berezovski pour qui la révolution était avant tout dirigée contre la Russie.

Le morcellement de la Russie, un objectif
géopolitique
En septembre 1997, l’un des plus influents politologues Américain, Zbigniew Brezinski a publié  un article sur la géopolitique de l’Eurasie expliquant que le maintien du leadership Américain passe par un découpage de la Russie en  trois états distincts qui seraient ensuite regroupés sous l’appellation “Confédération Russe” en affirmant dans son ouvrage « Le grand échiquier » qu’ainsi la Russie serait moins susceptible de nourrir des ambitions impériales et ne serait pas capable d’empêcher la prise de contrôle de l’Eurasie par l’Amérique.  Cette idée de démembrer la Russie en plusieurs états est ancienne. Lors du grand jeu au 19ème siècle, pendant la lutte opposant les empires russe et britannique en Asie centrale et dans le Caucase, l’Angleterre avait bien compris l’importance et Ottoman qui ouvraient à la Russie une l’accès à la méditerranée et à la mer noire. Dès 1835 l’Angleterre a donc tenté de déstabiliser la Russie notamment par des livraisons d’armes dans le Caucase, et par la création de comités Tchétchènes ou Tcherkesses lors du congrès de Paris en 1856, après la guerre de Crimée. Ce front Caucasien restera, au cours du 20ème et 21ème siècle une sorte de zone molle par laquelle l’Angleterre puis l’Amérique tenteront de déstabiliser la Russie. Au début du 20ème siècle en effet des responsables des républiques musulmanes de Russie, principalement dans le Caucase et en Asie centrale, tenteront d’organiser la bataille vers leur indépendance avec le soutien de l’Occident, c’est la naissance du Prométhéisme, un  mouvement qui a travers le siècle va lutter pour réveiller les identités et encourager divers séparatismes, afin d’affaiblir la Russie. Après la dislocation de l’URSS et la disparition du pacte de Varsovie, une partie des élites russes avait pensé avec  naïveté que la guerre froide était finie, et que l’Otan ne chercherait pas à s’agrandir.  Le soutien de Vladimir Poutine à Georges Bush en 2001 aurait pu marquer le début d’une collaboration dans l’hémisphère nord, au sein d’une alliance allant de Vancouver à Vladivostok. A cette fin, un conseil Russie-Otan  a même été créé en 2002. Mais contrairement aux promesses faites a la partie Russe, l’extension de l’Otan a continué vers l’est, dans une logique post-guerre froide, il y a eu les révolutions de couleur, et les intentions de l’Amérique dans le Caucase et en Asie centrale ne sont pas claires. Aujourd’hui l’encerclement de la Russie se poursuit avec l’installation du bouclier anti-missile aux frontières du pays. Les idées de Mackinder, de Spykman  et de Brezinski ne sont peut être pas mortes et la Russie est aujourd’hui la cible d’une pression « orangiste » visant au démembrement du pays.

Le nationalisme sécessionniste, une manipulation orange.
Les commentateurs étrangers ont souvent beaucoup de mal à interpréter et admettre la recomposition identitaire et territoriale en cours. La Russie d’aujourd’hui peut être définie comme un état eurasiatique, multiethnique et multiconfessionnel. La Russie n’est pas une nation, elle est selon Nikolaï Starikov « un alliage unique de centaines de peuples, étendu sur presque tout le continent eurasiatique ». Il n’y a pas une Russie mais des Russies, maintenues ensemble grâce à un pouvoir politique central qui compense les effets d’inertie créés par la taille du territoire, la variété des peuples qui y habitent mais également les grandes différences de mode de vies de ces peuples. Comme l’a parfaitement résumé Natalia Narochnitskaya: « La Russie vit en même temps au 19ème, au 20ème et au 21ème siècle. Elle combine l’opulence et la misère; la technologie de pointe y côtoie les conditions de vie les plus primitives; on trouve, sur son territoire, tous les climats possibles; de nombreuses religions et civilisations y cohabitent. La coexistence relativement harmonieuse de toute cette diversité confère à la Russie une expérience unique. En tout cas, nous n’avons jamais eu de guerres de religions comparables à celles qui ont sévi en Europe ».Des événements traduisent pourtant le maintien d’une agitation « orangiste » en Russie. En  2010 l’incident de la mine de Rapadskaia fut suivi par une manifestation violente qui s’est avérée être organisée, notamment via internet, avec le soutien de sites étrangers Anglais et Ukrainiens, appelant à la violence contre l’état russe. Suite à ces événements une mystérieuse  « Union des résidents du Kouzbass » est apparue sur internet, appelant rien moins qu’a la sécession de la Sibérie occidentale. Pour le député local, la piste étrangère / orangiste est la plus probable quand au déclenchement de
ces troubles. De façon très surprenante, ces appels furent repris sur des sites indépendantistes Caucasiens, et défendus par le major Dimovsky, un policier célèbre au sein du mainstream médiatique occidental pour avoir dénoncé dans une vidéo la corruption en Russie. L’enquête
avait permis d’identifier l’un des possibles sponsors de ce dernier: le comité des droits de l’homme de Novorossisk, une sous filiale de l’USAID, qui est une des principales ONGs actives dans le sponsoring des révolutions de couleurs. Celui-ci a simplement affirmé qu’il était prêt à travailler avec « l’union des résidents du Kouzbass », or cette organisation est totalement virtuelle. Comment se sont établis les liens entre eux? Et pourquoi la presse libérale a-t-elle amplement relayé ces deux affaires ? 
Mais les appels à la révolution et au séparatisme ne sont pas seulement le fait de figurants virtuels. Durant l’été 2010 un groupe appelé «frères de la forêt» à pris le maquis dans l’extrême orient Russe, après avoir participé à de nombreuses agressions, cambriolages de commissariats et même un assassinat de policier. Le groupe était composé tant de Néo-nazis que de Nazbols, ces militants anarchistes qui prônent une  révolution perpétuelle et se revendiquent du chef politique Edouard Limonov qui est un personnage controversé de la scène intellectuelle et
politique russe. Bi national franco-russe, il a depuis le début des années 2.000 rejoint l’opposition au Kremlin, en soutenant l’opposition la plus libérale et la plus pro-occidentale de Russie.
Le groupe dénonçait la corruption du système de police mais également la déliquescence  de la société. Ainsi ces révolutionnaires d’extrême droite et anarchistes soutiendraient du bout des lèvres les rebelles Islamistes et Wahhabites contre l’armée fédérale Russe.Encore une fois, la rhétorique sécessionniste et anti-fédérale se retrouve au centre des revendications. Curieusement, certaines associations de droits de l’homme ont dénoncé la brutalité policière lors de l’intervention contre ces jeunes terroristes. C’est le cas de l’association Agora qui est par ailleurs accusée de financement du terrorisme sur le territoire de la fédération de Russie, dans la république musulmane du Tatarstan. Sans surprise, cette association a été listée comme ayant bénéficié de subventions du National Endownmentfor Democracy, une autre association financée par le département d’état américain et qui supervise et refinance plusieurs centaines d’ONGs dans le monde.

L’opposant Navalny, un projet américain?
En 2010, un Dimovsky bis a fait son apparition, avec le soutien médiatique occidental. Il s’agit du blogueur Alexeï Navalny qui  e pose en parangon de vertu, dénonçant les faits de corruption d’état et de détournements financiers, une cause parfaitement séduisante au demeurant. En
novembre 2010 il publiera des informations sur un vol de 4 milliards de dollars par des officiels durant la construction d’un pipeline en Sibérie orientale, vol qui aurait été coordonné au plus haut sommet de l’état. En février 2011 c’est lui qui lancera le slogan cataloguant Russie Unie  omme un parti composé  « d’escrocs et de voleurs ». Il a également créé une sorte de Wikileaks russe (Rospil.info). Relativement populaire à l’ouest, Navalny est peu connu en Russie et relativement peu apprécié puisque seuls 6% des russes le connaissent et seulement 1% des russes lui feraient confiance. Pourquoi? Tout d’abord parce que de nombreux autres blogueurs ont et depuis longtemps dénoncé la corruption en Russie comme par exemple Ivan Begtin qui a créé le site Rosspending. Pour beaucoup, l’émergence médiatique de Navalny, le soutien direct qu’il a obtenu des medias libéraux russes (Vedomosti ou Echo de Moscou) et surtout étrangers, ses liens avec l’ambassade américaine ou son invitation
aux Etats-Unis ou il a dirigé une conférence sur la corruption devant des responsables d’ONG oranges sont des signes que celui ci ne serait qu’une marionnette destinée à affaiblir la Russie, sorte de réincarnation de Eltsine. Récemment des conversations emails privées du blogueur Navalny ont été dévoilées au grand public. Il en est ressorti que depuis 2007 celui-ci collabore activement avec la NED (ici ou la
), rappelez vous qu’il s’agit de cette ONG orange qui finance diverses associations subversives pour le compte du département d’état. Navalny serait aussi activement en lien avec Robert Bond, diplomate américain bien connu en Russie. Parmi les donateurs et informateurs de Navalny figureraient le politologue Stanislav Belkovski, proche a une époque de Boris Berezovski et des indépendantistes Tchétchènes. Comme par hasard,   Navalny se serait rendu discrètement a Londres ou il aurait rencontré Boris Berezovski et son adjoint Andrei Sidelnikov, co-fondateur du mouvement Pora,
un mouvement copié sur le Pora Ukrainien qui a conduit la révolution de couleur orange en Ukraine. Celui-ci est également l’organisateur des manifestations Strategie31 à Londres, qui rassemble tant des libéraux que des nationaux Bolcheviques comme… Edouard Limonov. Ancien militant d’Iabloko (parti d’opposition libéral), Navalny est également un nationaliste sécessionniste. Cette année Navalny a participé a la marche russe au milieu de milliers de radicaux d’extrême droite
, qui ont repris ces accusations contre « Poutine et Russie Unie », et appelé à la sécession du Caucase, une Russie sans Caucase également souhaitée par Navalny.

 « Arrêtons de nourrir le Caucase »
Cette pression sécessionniste a donc eu pour conséquence de voir l’apparition de nouveaux mouvements politiques. C’est le cas par exemple d’un nouveau mouvement de jeunesse qui se définit comme mouvement des « Nationaux Démocrates » et s’intitule les « Naz-Dems ». Cette dénomination fait étrangement penser aux « Naz-bols », impliqués dans les diverses actions précitées mais rappelez vous, Alexeï Navalny se définit lui même comme « National-démocrate », puisqu’en tant que membre libéral et pro-occidental Iabloko il avait rédigé un manifeste nationaliste et s’était défini comme un « nationaliste démocrate ». Il avait par ailleurs prédit que le changement de pouvoir en Russie ne passerait pas par la voie électorale mais bel et bien par un scenario a la Tunisienne. Ce mouvement a joué un rôle important lors des manifestations de décembre 2010. Lors de ces manifestations, il y a eu utilisation de banderoles avec des slogans et des messages en Anglais, ce qui n’était jusqu’alors qu’une spécialité de l’opposition libérale. Cette tendance n’est pas seulement symbolisée par des appels à l’indépendance du Caucase. Le mouvement appelle également à un rapprochement plus poussé avec l’UE et l’OTAN ainsi qu’à un « abandon de toute velléité impérialiste postsoviétique en Europe centrale » ou encore à une révision des traités récents signés avec la Chine (!). Enfin le mouvement a des positions hostiles au monde arabe et très pro-israéliennes. Cette idéologie « Nationale-démocrate », est l’idéologie qui a régi le réveil des états d’europe de l’est et d’europe centrale lorsqu’ils ont accompli leur réveil identitaire postsoviétique. Les membres de la nouvelle Europe (Polonais, Baltes, Tchèques, Hongrois) veulent prendre leur revanche et rétablir une justice historique. Ils veulent devenir des architectes du nouvel ordre mondial qui doit confirmer le rôle de la Russie comme le pays qui a perdu la guerre froide. Pour Dimitri Kondrachov la doctrine Brezinski, souhaite «refouler la Russie à la périphérie de l’Eurasie, dans l’arrière-cour de l’empire est-européen régi par l’idéologie nationale-démocrate ».

« Arrêtons de nourrir Moscou »
Le Caucase n’est pas la seule cible des « sécessionnistes » financés par l’occident. Des  manifestations sécessionnistes sont apparues ailleurs en Russie appelant à cesser de « nourrir Moscou ». En Sibérie notamment, à Novossibirsk, des manifestations ont eu lieu récemment sous les slogans : « la Sibérie aux Sibériens » ou encore « arrêtons de nourrirMoscou ». Les actions ont été menées par les mêmes groupes radicaux de droite en collaboration avec une frange libérale et de soutien aux droits de l’homme. La Sibérie n’est pas la seule concernée puisque dans le sud,
à  Samara sur la Volga, ou encore à Belgorod, des actions semblables ont eu lieu. Même Moscou n’a pas été épargné puisque le 25 octobre dernier
une manifestation a eu lieu, rassemblant des opposants libéraux sous les slogans : « arrêtons de nourrir le Caucase » et « ne payons pas le tribut a Moscou ». On peut noter la participation de Vladimir Milov à cette manifestation,  C’est un ex-leader de Solidarnost, aujourd’hui dirigeant de mouvement d’opposition « Choixdémocratique ». Pourtant et selon des chiffres publics, le Caucase n’est pas du tout et loin s’en faut la région la
plus subventionnée par les autorités fédérales comme c’est parfaitement démontré ici
. Tous ces rassemblements ne mobilisent pas de grandes foules, mais pourtant une forte agitation règne sur internet pour appeler à d’autres manifestations contre la politique conduite par Russie Unie. Ces appels  viennent de mystérieuses organisations dont   l’une a repris l’appellation d’une organisation dissoute après le putsch de 1991 et qui coalisait des « socialistes et des nationalistes » contre le Kremlin. Une autre est un soutien venant d’Ukraine une fois de plus

Vers une révolution des neiges en Russie?

Rappelons les faits: suite aux élections du 04 décembre 2012 qui ont entraîné une baisse de Russie Unie et une forte hausse des partis nationalistes ou de gauche, des fraudes électorales ont été dénoncées. Ces fraudes auraient permis au parti au pouvoir et disposant de la  essource administrative, de gonfler son score et de fausser les résultats. Quiconque connaît la Russie contemporaine, cette jeune démocratie souveraine et dirigée, sait que les élections y sont bon gré mal gré représentatives des tendances et des opinions populaires, et ce malgré les nombreuses irrégularités qui accompagnent chaque échéance électorale. Peu de gens a l’ouest se sont par exemple plaint du fait que le candidat du parti communiste Guennadi Ziouganov se soit sans doute fait voler sa victoire a l’élection présidentielle de 1996, un vol orchestré par les faucons de l‘entourage d’Eltsine, a savoir le clan Berezovski. Des études poussées ont été faites et différents niveaux d’irrégularités relevées. Pour autant la correspondance des sondages pré-électoraux, des enquêtes d’opinion, des exit-poll et des résultats finaux semble avant tout traduire que ces élections ont été et de loin les plus juste de la jeune histoire russe
. Après la crise financière, la situation a été relativement modifiée mais si personne en Russie n’aurait pu pronostiquer une défaite de Russie-Unie à ces élections, beaucoup avaient prévu la forte baisse de ce parti et la relative hausse des partis de gauche comme le parti communiste ou Russie juste.
Outre-Atlantique, des projets de troubles organisés frappant la Russie, ont été mis au point. Bien avant les élections et leur résultat prévisible donc, une organisation du nomde Belaya-Lenta a été imaginée et le nom de domaine du site internet lié déposé aux États-Unis en novembre 2011. Cette information est capitale, elle permet de comprendre la manœuvre par anticipation. Dès les résultats des élections et la victoire de Russie-unie, des protestations ont fusé sur internet. Des images de fraudes ont été diffusées en boucle sur différents blogs et réseaux sociaux, rappelant l’agitation internet des révolutions Facebook qui ont frappé en 2009 la Moldavie, l’Iran ou récemment le monde arabo-musulman. La population qui a défilé était à majorité jeune, masculine et éduquée, persuadée que quelque chose lui avait échappé.

Incroyablement significatif, les sondages et enquêtes concernant les participants aux manifestations ont révélées que 40% d’être eux avaient voté pour le parti libéral Iabloko, parti dont le score final a été de 7% a Moscou et de 15% a Saint Saint-Pétersbourg, mais de seulement 3% au niveau national (!). La conclusion est simple, la classe moyenne supérieure des grandes villes défile aujourd’hui contre celui par lequel elle s’est enrichie durant ces dernières années. Au plus d’état et d’ordre demandé par les électeurs et le peuple (poussée des partis étatistes de gauche et des partis nationalistes), les manifestations sont poussées par une hyper classe moyenne urbaine qui elle réclame moins d’état et plus de liberté individuelle. En surplus de ces contestataires libéraux, un front d’ultragauche et anarchiste (représenté par Serguei Udaltsov) et un front d’extrême droite (représenté par le charismatique Alexeï Navalny) ont réussi à faire une Pax anti-Poutina provisoire, délimitant les contours politiques de cette bien éclectique opposition. Un front anti-Poutine qui opère sous le parapluie financier bienveillant (on s’en doute) des ONGs américaines qui opèrent en Eurasie, et dont Hillary Clinton a assuré récemment que le congrès allait augmenter les subventions pour 2012, année d’élection présidentielle en Russie.

Bien sur la très grande majorité de ces manifestants est sans doute inconsciemment dans la rue, elle contribue sans s’en rendre compte à un mouvement beaucoup plus large destiné à créer des désordres et faire descendre un maximum de gens dans la rue pour paralyser le pays, l’affaiblir et donc accentuer la pression internationale. C’est le modus operandi des révolutions de couleurs. Une minorité d’activistes manipule une majorité naïve et dopée au Buzz sur internet.

Comme le disait le journaliste Maxime Chevtchenko: « Je ne peux pas accepter les slogans politiques utilisés dans ces meetings. D’abord ils ont été organisés par des gens qui se sont moralement discrédités. Aleksei Navalny, par exemple, a appelé à la séparation du Caucase, avec le slogan « Marre de nourrir le Caucase ! » qui met dans un même panier différentes régions du pays (Daguestan, Tchétchénie, Ossétie) qui n’ont pas eu la même histoire et dont les rapports avec le Centre sont différents. C’est une manipulation de la réalité, une provocation aussi méprisable que l’appel a la séparation du Caucase. Ensuite tous les cas de falsification doivent être relatés et présentés a la justice, ou diffuses par internet. Il ne faut pas se contenter de bruits, de racontars dont la fabrication est bien connue. On voudrait les réfuter, et puis on n’a pas envie de le faire, et puis, un jour, on commence à penser que ces bruits sont la réalité. En fait la réalité est beaucoup plus sérieuse. En effet, sur internet, on présente beaucoup de photos de scènes de fraude électorale. C’est peut-être vrai, mais c’est peut-être aussi de la falsification. La réalité de ces pièces ne peut être établie que par une expertise indépendante, par exemple une commission parlementaire avec la participation aussi bien d’accusateurs que d’opposants. C’est le seul moyen. On nous invite à croire à l’hystérie des trolls du Web. Nous y croyons, mais virtuellement, comme du Web. Cela dit, j’estime que les résultats des élections pour le pays sont assez positifs. Au niveau fédéral le cadre constitutionnel du pays a été conserve, les voix des partis d’opposition ont augmente de façon significative. Cela signifie que dans 5 ans, au niveau local, les rapports de forces seront sérieusement reconsidérés. On verra les autres partis s’affronter a « Russie Unie ». Les gens des meetings veulent gêner le développement du système parlementaire et juridique uniquement parce que leur parti – par exemple « Iabloko » – n’a pas pu entrer à la Douma et n’a pas réussi à faire annuler les élections. On aurait prive « Iabloko » de quelques ‘pourcents’? Je ne croix pas a cette musique, pas plus qu’a ces meetings. Le pays a besoin d’unité, Il faut préserver son intégrité et ses intérêts. Il faut aussi nettoyer le pays de toute la pourriture nomenclaturo-oligarquo-libéralo-criminalo-occidentale, partout, jusqu’au moindre village. Le pouvoir doit appartenir à notre peuple unique, polyethnique, polyculturel, et pas au lumpen des villes qui profite de l’argent de la spéculation ».

Alors que l’élection de mars 2012 en Russie se rapproche, la bataille pour Moscou a peut être déjà commencée.

5 mythes Poutiniens sur Atlantico

Le site d’information Atlantico a publié un de mes articles sur les mythes qui entourent la gouvernance Poutine. l’article s’intitule : Cinq clichés sur le “Tsar” Poutine enfin démontés.
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Aors que les élections présidentielles russes ont lieu ce dimanche, beaucoup de commentaires négatifs ont accompagné la décision de l’actuel premier ministre de faire un troisième mandat. Pour beaucoup d’observateurs étrangers, la personnalité deVladimir Poutine  est attachée à nombre de stéréotypes et de préjugés négatifs, souvent en corrélation avec ceux répandus sur la Russie  d’aujourd’hui. Pourtant il convient d’observer la séquence historique russe récente en prenant un peu de distance et un peu de hauteur, et en s’abstenant d’adhérer trop simplement aux mythes qui entourent “la Russie de Poutine”. Voyons quelques chiffres et quelques réalités.

1er cliché : La Russie de Poutine serait un pays pauvre dans lequel la vie ne s’est améliorée que pour les riches et les oligarques.

Sous le gouvernement Poutine, les chiffres montrent que la pauvreté a nettement reculé. Le taux de russes vivant sous le seuil de pauvreté, est passé de 35 à 23%  de 2000 à 2004 et il était tombé à 12,8% fin 2011. Pour mémoire: il est à noter qu’en France, en 2007, 13,7%  de la population vivait sous le seuil de pauvreté. Pendant la décennie Poutine  (2000 a 2008) le pourcentage de la population vivant sous le seuil de pauvreté a baissé de 53,8%, le nombre de suicides de 30%, le nombre d’homicides de 39% et le taux de chômage de 68%, celui si s’établissant à 6,3% fin 2011. Sur la même période la surface d’habitation par habitant a augmenté de 15%, l’indice de production industrielle des produits manufacturés de 62.9%. Enfin la production agricole a elle augmenté de 231.5%. Dans l’opposition politique russe, personne ne conteste ces chiffres.

2e cliché : La Russie de Poutine ne se serait redressée que grâce aux matières premières.

En 1998 la dette publique a atteint 66% du PIB et le pays s’est retrouvé en défaut de paiement. La Russie a alors réalisé des coupes très importantes dans les dépenses publiques, et profité du rebond des marchés gaziers et pétroliers. Mais d’importantes réformes structurelles ont alors été menées comme le nouveau barème fiscal ou la promulgation de codes juridiques nouveaux comme les codes civil et douanier. À peine un an après la cessation de paiement du pays, la croissance est repartie à la hausse avec un taux moyen d’environ 7% pendant une décennie, jusqu’à la crise de 2008. De toute évidence, les réformes introduites à la suite de la crise de 1998 sont à l’origine de cette croissance, bien avant la montée en flèche du prix du pétrole. En outre la part  du secteur pétrolier et gazier dans l’économie devrait reculer de 22-24% à environ 17% dans les 10 ans à venir.


3e cliché : La Russie de Poutine serait un régime basé sur la corruption.

Après la chute de l’URSS, la Russie a connu une décennie de total effondrement politique, économique et social. Lors de cette période, des hommes d’affaires peu scrupuleux ont alors réellement pris le pouvoir et ont pillé les ressources du pays, ce sont les fameux oligarques qui se sont enrichis lors de privatisations en dehors de tout cadre légal. Lors de la reprise en main des affaires par Vladimir Poutine, sa première tache a été de reconstruire l’autorité de l’état, reconstruire un cadre légal et gérer une guerre enTchétchénie . Il est d’ailleurs curieux que la presse occidentale, qui fustigeait ces oligarques enrichis dans les années 90, s’est mise très curieusement à fustiger Vladimir Poutine, au moment ou celui-ci a commencé à les mettre au pas. Toujours est-il que cette reprise en main de l’état est à ce jour bien avancée et que la corruption (fléau historique et culturel russe) est déjà fortement endiguée par rapport a la décennie précédente. Elle concerne surtout maintenant la sphère publique, on peut donc dire qu’elle a été « civilisée ». L’état a entamé dans ce domaine une lutte qui sera longue et difficile.

4e cliché : La Russie de Poutine serait un pays ou les candidats pro-occidentaux ne peuvent agir politiquement, car le Kremlin les en empêche.

Les partis libéraux ont toujours pu librement participer aux élections et exister politiquement en Russie mais leur influence politique n’a cessé de baisser (12 % aux élections législatives de 1993, 7 % aux élections législatives de 1995 et 1999, 4 % en 2003, 2 % en 2006, 3% en 2011). Les élections législatives de 2011 ont confirmé cette tendance et ont montré que contrairement à ce que le mainstream médiatique occidental laisse penser, les courants politiques émergents sont en Russie des courants de gauche (parti communiste et gauche patriotique) ou nationalistes qui demandent les uns et les autres plus d’état, plus d’autorité et moins de libéralisme économique . Les partis libéraux ne séduisant, eux, qu’une minorité de la classe moyenne supérieure.

5e cliché : La Russie de Poutine serait un pays ou les élections sont truquées.

Les élections ont été truquées sous Eltsine. L’élection présidentielle de 1996 aurait du être remportée par le candidat du parti communiste Guennady Ziouganov et non pas parBoris Eltsine comme cela a été le cas. La Russie est un pays immense et on peut bien imaginer que les années de chaos de 1991 à 2000 ont été propices à bien des irrégularités électorales. L’aspect géographique et administratif du pays laisse aussi beaucoup de marge à des erreurs, ou des fraudes. Ce qui est certain, c’est que les élections sont de mieux en mieux organisées et de plus en plus surveillées. On peut donc en déduire que le niveau de fraude est de plus en plus « faible ». Les dernières élections législatives russes ont à ce titre sans doute été les plus justes de l’histoire russe contrairement à ce que beaucoup de journalistes ont affirmé. Pour s’en assurer il suffit de comparer les résultats finaux avec les très nombreuses estimations et sondages pré-électoraux. La grande majorité des observateurs étrangers a du reste reconnu le bon déroulement du scrutin. Bien sur les images d’une centaine de vidéos ont tourné en boucle sur les réseaux sociaux, laissant penser à des fraudes massives. Pourtant la grande majorité des observateurs sérieux pensent que le niveau des fraudes a étéinférieur à 5% et que la plupart de ces fraudes ont eu lieu pour des raisons structurelles et systémiques, bien plus que politiques.

 

Un Français prend fait et cause pour Poutine :)

Le FIGARO en la personne de Pierre Avril a publié un article le 27 février dernier intitule: “Un Français prend fait et cause pour Poutine”.
Je remercie Pierre Avril de m’avoir consacré un article 🙂 et incite mes lecteurs a posters des commentaires intelligents sous l’article. Je souhaiterais a ce titre également rétablir quelques vérités suite aux nombreux mails que j’ai reçu,
J’ai bien rencontré Pierre Avril courant février, et nous avons échangé, celui-ci m’a donc prévenu qu’il ferait un article sur les français de Russie qui soutiennent Poutine, ce qui est mon cas.
Il est écrit dans l’article “Vingt ans plus tôt, en 1995, c’est pour la Serbie qu’il avait pris fait et cause”.
Mes lecteurs le savent, j’ai 34 ans (non 35) et par conséquent il y a 20 ans je ne pouvais etre en Serbie car:
– Il y a 20 ans ce n’était pas en 1995 mais en 1992
– En 1995 la Serbie n’existait pas.
– En 1992 j’avais donc 14 ans et en 1995 18 ans. Il y a 20 ans j’avais 14 ans ce qui rend difficilement plausible mon engagement pour les serbes.
Bien sur mon engagement en Serbie date d’après la guerre contre la Serbie de 1999, lors de ma 22ieme année.
Je conseille aux lecteurs de lire cet article que le Figaro a consacré aux Français de Russie ici
Ils peuvent également écouter ma dernière interview a la voix de la Russie pour avoir mon opinion sur le mainstream médiatique français 🙂

La russophobie: le syndrome éternel des médias occidentaux

Mots clés: interview, Société
Igor Yazon
1.03.2012, 20:37
L’un de ces jours, la chaîne de télévision Euronews a diffusé un reportage sur l’action « le cercle blanc ». Les gens se sont rassemblées sur le trottoir de l’anneau des Jardins au centre de Moscou en se tenant par la main. 


L’un de ces jours, la chaîne de télévision Euronews a diffusé un reportage sur l’action « le cercle blanc ». Les gens se sont rassemblées sur le trottoir de l’anneau des Jardins au centre de Moscou en se tenant par la main. C’était presque 10km des gens, surtout jeunes, avec des écharpes et des rubans blancs accrochés aux vêtements. « La couleur blanche » c’est le symbole de l’opposition symbolisant les exigences d’organiser les élections justes en Russie le 4 mars. Les journalistes étrangers ont montré ces gens, ils les ont interviewés. Cependant, ils n’ont prêté aucune attention à ce que de l’autre côté du trottoir à cinq mètres de la « chaîne blanche » il y avait une autre chaîne humaine, sur le vêtement de ces gens il y avait des étiquettes avec les mots de soutien de Vladimir Poutine. Personne d’entre eux n’a été remarqué par les journalistes. Est-ce qu’il faut supposer quelle idée auront les sectateurs d’Euronews qui ont vu ce reportage de Moscou dans d’autres pays. C’est de cette attitude préconçue des médias occidentaux envers la réalité russe que notre correspondant Igor Yazon a parlé avec le blogueur et le journaliste français Alexandre Latsa. 
Cela ne fait pas longtemps qu’Alexandre est à Moscou et il nous a demandé de donner l’adresse de son site Internet. « Je voudrais que plus de gens dans le monde entier sachent la vérité sur la Russie », a-t-il expliqué sa demande. Voila l’adresse de son site : www.alexandrelatsa.ru
Источник: Голос России.

Russie : La révolution orange et ses arrières-plans

 Le texte ci dessous est une analyse de Romain Bessonet, du Cercle Aristote.
La  Russie vient de connaître plus de 3 mois d’agitation politique sur fond d’élection présidentielle. L’observateur attentif (ce qui n’est pas le cas de la presse française) y aura vu les prémices de révolution orange. La date est d’ores et déjà fixée : le 5 mars 2012, au lendemain de l’élection. En effet, l’opposition libérale l’a déja annoncée par la voix de ses ténors : Navalny, Nemtsov, Kasparov et autres : Le résultat du scrutin sera illégitime, même si les élections sont propres et honnêtes. Le fameux coup d’État annoncé par Boris Berezovsky en 2007 est en marche.

Le moment ne pouvait pas être mieux choisi : 

– Usure classique du pouvoir, après douze ans de règne de Vladimir Poutine ;
– Apparition d’une classe moyenne issue du secteur marchand qui en a marre d’être dirigée par l’élite issue des corps militarisés et qui est soutenue par les “péquenauds de province, dépendants de l’État et qui ne comprennent rien à l’économie privée (Ksenya Sobtchak)” ;
– Corruption et inefficacité dans l’appareil d’État qui met du temps à être corrigée ;
– Stratégie offensive de Washington contre le régime russe, qu’illustre la nomination d’un ambassadeur de choc à Moscou : Michael Mac Faul.

La Russie de Vladimir Poutine, n’est ni un modèle, ni un paradis. C’est un État en pleine réforme, convalescent après 70 ans de communisme totalitaire et centralisé et 10 ans de libéralisme et de déliquescence de l’État russe. Les problèmes à résoudre y sont immense (corruption, alcoolisme, retards dans les infrastructures) et relèvent plus de la baguette magique que de la politique pour y apporter des solutions à court terme.Je comprends que les recettes du redressement russe fassent peur en occident. En effet, comment est-il possible de faire passer la dette extérieure du pays de 110% à 20 % du PIB en 10 ans, avoir des taux de croissance entre 5 et 7 % par an, renouer avec une croissance des naissances, le tout  avec une politique étatiste, protectionniste et une promotion du patriotisme au plus haut niveau de l’État?
En attendant, le plan de la révolution orange avance :
– agitation avant les élections pour promouvoir l’idée qu’il y aura des falsifications ;
– monter de toutes pièces des falsifications (car si elles n’existent pas il faudra les inventer) ;
– préparer l’organisation des manifestations et piquets dans Moscou (les tentes sont entrain d’être préparées).Face à cela, l’équipe de Vladimir
Poutine a monté des contre-offensives assez efficace :
– mobiliser des populations ouvrières et paysannes de province, qui sont la base populaire de Vladimir poutine dans des manifestations et des
réunions publiques ;

– redonner une colonne vertébrale idéologique à l’action de Vladimir Poutine (c’est le sens des 07 longs articles qu’il a fait paraître dans la presse sur la question nationale, l’économie, la politique de sécurité, la politique étrangère, la politique sociale)
– prendre l’opposition à son propre jeu : vous craignez des falsifications, d’accord alors nous accédons à toutes vos demandes (vidéo surveillance sur internet de tous les bureaux de vote, urnes transparentes, nombre illimité d’observateurs, stricte égalité de temps de parole sur les chaînes de télévisions fédérales)
– réformer le système politique pour donner plus de représentativité (libéralisation des modalités d’enregistrement des partis politiques ; retour de l’élection des gouverneurs au suffrage universel ; abaissement du seuil de représentativité à la Douma)
– montrer le vrai visage des contestataires :  Le 10 janvier 2012, le nouvel ambassadeur des USA Mac Faul a invité à l’ambassade, en présence du 17eme adjoint à la secrétaire d’Etat des USA (William J. Burns) les chefs de l’opposition “hors système” : Evgueniya tchirikova (connue pour son combat “écologiste” contre la contruction de l’autoroute Moscou – Saint Petresbourg) ; Boris Nemtsov (ancien 1er vice premier ministre sous Eltsine) ; Lev Ponomarev (fondateur de l’association mémorial) ; et de l’opposition “dans le systeme” : Oksana Dmitrieva (cheffe de la fraction “russie Juste” à la Douma) ; Serguei Mitrokhine chef du parti “Yabloko”.Le 10 mars 2011, lors de sa visite à moscou, Jo Bayden avait rencontré :
Lyoudmila Alexeeva (comité Helsinki)Evgueniya TchirikovaLeonid Gozman (Parti juste cause)Grigori Yavlinski (Parti yabloko)Oksana Dmitrieva (parti “russie Juste” )Nina Ostanina (parti communiste)Boris NemtsovVladimir RyjkovGary Kasparov.
On sait donc pour qui roulent tous ces gens …

A cette occasion, Jo Bayden avait annoncé la couleur : “La Russie est fatiguée de Poutine. Et cette fatigue va s’amplifier et conduira sans
aucun doute à des événements analogues à ceux que connait le monde arabe actuellement” (http://www.km.ru/news/baiden-shantazhiroval-putina).

Les Etats-unis avait penser tenir avec Medvedev leur Gorbatchev du XXI eme siècle, qui allait concéder la destruction de l’État russe contre une réputation en or à l’ouest, et ainsi terminer le travail commencé en 1991. Or, la candidature de Poutine à un nouveau mandat présidentiel contrecarre ces plans. Il faut penser que ce n’est pas un hasard si la nommination de Mc Faul comme ambassadeur a eût lieu quelques semaines après l’annonce par Poutine de sa candidature comme Président de la Fédération de Russie.

Le CV de ce diplomate est impressionnant :
– début des années 1980 étudie en URSS
– 1985 – 1987 : est étudiant en Pologne, où il devient un des proches des leaders de “Solidarnosc”
– arrive comme “sociologue” en URSS en 1990, il se lie d’amitié avec lesleaders les plus libéraux de la dissidence (Gavril Popov, Arkady Muravev, Evgueny Sevastianov, Mikhaïl Schneider, Viktor Dmitriev) ;
– 1993-1995 : travail au centre Carnegie de Moscou

– 1996 : membre de l’équipe de “spin doctors” recrutés par Alexandre Korjakov et Anatoly Tchoubaïs pour faire réélire Eltsine face à Zyouganov – membre de l’institut Hoover (think tank néo-conservateur)
– membre du conseil des directeurs des institutions suivantes : Eurasia Foundation, Firebird Fund, Freedom House, International Forum for Democratic Studies of the National Endowment for Democracy, et International Research and Exchange Board (IREX).

Comme il le dit lui-même : “Je suis un expert de ​​la démocratie, des mouvements anti-dictatoriaux, des révolutions. Et quand je suis venu en URSS, en 1989, c’était justement l’époque d’un tel mouvement. Et alors que je vivais à Moscou en 1990-1991, je suis devenu très proche des démocrates russes. Ce fut probablement le meilleur moment de ma vie.

Tout ceci se passe sur fond d’affrontement entre USA et Russie sur la question syrienne. Question sur laquelle Moscou reste inflexible. Le but de ces mouvements de contestation en Russie est aussi de délégitimer la parole russe. En effet, une tactique répressive du pouvoir russe permettrai à Washington d’avoir l’argument suivant face à l’opinion publique mondiale : La Russie bloque à l’ONU, car elle est une dictature répressive. Son point de vue est illégitime. Donc, on peut, on doit intervenir en Syrie, malgré le véto russe.

Je pense que ce n’est pas un hasard si, actuellement pressions pour une intervention militaire en Syrie, tension en Iran (allié naturel de la Russie depuis la fin de l’URSS, notamment dans le Caucase) et mouvements de protestation en Russie se conjuguent. Il s’agit pour Washington et ses alliés de Ryad et du qatar de faire sauter les verrous qui s’opposent au modelage du moyen-orient sur un nouveau paradigme : mosquée, voile intégral et al jazeera

Ayons donc les yeux grand ouvert.

De Belgrade a Moscou?

Mais en 2001, il choisit la politique, adhère au parti libéral Iabloko
dont il se démarque quelques années plus tard pour fonder un mouvement
de jeunes, « Da ! », dans le sillage des révolutions ukrainienne et
géorgienne. (…) Dans son échange avec la journaliste du New Yorker, l’an dernier, Alexeï Navalny dévoilait un pan de sa stratégie.
«Moins
le mouvement s’identifie à une personne, plus il est multiforme et plus
il est difficile de l’acheter, de le dévier, de l’enfermer..
Ils
peuvent détruire une personne, mais s’ils essaient de faire quelque
chose systématiquement contre un grand nombre de personnes, la machine
se grippe 
». 

**
Concernant Aleksandar Maric (Belgrade 2004) – 
Aleksandar est formateur au Centre de la résistance non violente de l’ONG Otpor (Belgrade, Serbie).
« Le principe fondamental sur lequel repose toute l’organisation, c’est
qu’elle doit être dénuée de leader : c’est ce qui fait sa force. En
Serbie, la police ne comprenait pas que nous puissions nous passer de
leader ; notre structure les rendait fous
».

Россия, европейская БРИК в азиатском мире?

Оригинальная статья была опубликована в РИА Новости

*

БРИКС представляет собой группу пяти стран (Бразилия, Россия, Индия, Китай, Южная Африка), которые считаются  быстроразвивающимися сегодня и станут гигантами в будущем. Сокращение БРИКС появилось в 2011 году, когда к БРИК присоединилась ЮАР. Термин БРИК появился в 2001 году в докладе, доказывающем, что экономики стран этой группы будут быстро развиваться и что совокупный ВВП стран БРИК к 2040 году должен сравняться с совокупным ВВП G6 (США, Япония, Великобритания, Германия, Франция и Италия).

Этот доклад 2001 года не был опровергнут действительностью. Страны БРИКС являются соответственно девятой, шестой, четвертой, второй и двадцать пятой мировыми экономическими державами, на которые уже приходится 40% мирового населения. В 2015 году они, по данным МВФ, обеспечат 61% мирового экономического роста, а их доля в мировой экономике продолжает расти. На страны этой группы приходилось 16% мирового ВВП в 2001 году, 27% в 2011 году и, согласно последним оценкам, на них придется около 40% в 2025 году. Только на страны БРИКС, к примеру, придется 70% глобального роста автомобильного рынка в течение следующего десятилетия.

За последнее десятилетие страны БРИКС дали более трети роста мирового ВВП. Этот век должен стать веком стран БРИКС, так как согласно даннымВсемирного банка, Китай может стать крупнейшей экономикой мира, к 2020 году опередив США. По мнению Goldman Sachs, к середине века Индия также сможет опередить США. Центр тяжести мира 2050 года будет находиться в Азии, поскольку две крупнейшие мировые экономики являются также двумя самыми густонаселенными странами в мире. Для сравнения, на Соединенные Штаты приходилось 42% мирового ВВП в 1960 году, в 2012 эта цифра снизилась до 26%, и составляет еще меньше (19%) по показателю «паритета покупательной способности».Тем не менее, страны БРИКС очень разные и разделены географически. Впрошлом они никогда не были союзниками, ни в экономическом плане, ни вполитическом. Россия, похоже, черпает силу из своих энергетических ресурсов, Бразилия стала чемпионом мира в области сельского хозяйства,Китай, уже являющийся мировой фабрикой, стал и крупнейшим в мирепроизводителем золота. К тому же политическая организация этих стран различна. Эти существенные экономические и политические различия недолжны, однако, заслонять то общее, которое у них имеется: высокие темпы роста, динамичная индустриализация и значительный не насыщенныйвнутренний рынок. Кроме того, за исключением России, это страны, вкоторых имеются значительные неиспользуемые трудовые резервы.

Увеличение объемов товарооборота внутри БРИКС демонстрирует как взаимодополняемость стран группы, так и их экономический рост. Объем товарооборота между странами БРИКС вырос с 15 до 158 миллиардов долларов в период с 2000 по 2008, и может достигнуть 1.000 миллиардов долларов к 2030 году. В странах БРИКС, за исключением испытывающей трудности Южной Африки, наблюдается быстрое расширение среднего класса. По оценкам, сегодня в России 25% населения могут считаться принадлежащими к среднему классу, то есть 35 миллионов человек, против 20% в Бразилии (40 миллионов) или 13% в Китае (160 миллионов) и 5% в Индии (65 миллионов человек). В Азии у Индонезии имеются многочисленные инфраструктурные проекты: дороги, новый аэропорт и, в особенности, железная дорога, которая в ближайшее время будет построена китайцами  Со своим среднимклассом, который сейчас насчитывает 30 миллионов человек (на 240 миллионов населения), Индонезия нагоняет БРИКС, рейтинговые агентства даже повысили ее кредитный рейтинг. В связи с этим очень скоро нужно будет говорить о БРИИКС.

Растущая экономическая мощь стран БРИКС усиливает их геополитическое влияние и способствует формированию многополярного мира. Хотя эта группастран не образует никакого военного союза, у них возникают общие позиции по различным международным вопросам. Собравшись в Китае в апреле 2011 года, страны БРИКС решили, к примеру, перейти к двусторонней торговле без использования доллара США. Поэтому возможно говорить не только о взаимозависимости, а также о координации между азвивающимисястранами. Встретившись в Москве в ноябре 2011 года, заместители министров иностранных дел стран группы БРИКС выступили противиностранного вмешательства во внутренние дела стран Ближнего Востока.

Аналогичная позиция была продемонстрирована во время англо-французской интервенции в Ливии. В ходе последней встречи G20 во Франции в Каннах,обладающие большими валютными резервами страны БРИКС, оказались в сильной позиции, потребовав от стран ЕС и США жесткой бюджетной дисциплины. Кроме того, страны БРИК уже оказывают давление, чтобы их представительство в международных организациях, подобных МВФ, было усилено. Идея о том, что главой МВФ не обязательно должен быть европеец,витает в воздухе. У инвесторов эти новые растущие рынки по-прежнему вызывают интерес. После недавнего исследования

Accenture оказалось, что по мнению 80% руководителей предприятий, опрошенных в 85 странах, экономический рост зиждется на развивающихся экономиках.

В заключение следует отметить, что страны БРИКС в разной степени далеки от традиционной модели однородных национальных государств, какие существуют, к примеру, в Восточной Европе. В России насчитывается более 100 народов и национальностей, в Южной Африке имеется 11 официальных языков, в Китае есть 56 различных национальностей, а в Индии говорят на 23 языках. Бразильская культура, португалоязычная, выглядит более однородной, но население происходит от многочисленных волн миграции из Европы, Африки и Ближнего Востока. Наконец, в трех странах БРИКС (Индии, Китае, России) насчитывается значительное число коренных мусульман. Этот мультикультурный и мультиконфессиональный облик БРИКС, кажется, не препятствует экономическому росту.А что если эта модель, разделяемая странами БРИКС, станет будущей моделью новых цивилизационных объединений?

 
Перевод : Уголин (Ursa-Tm)

La Russie, BRIC européen dans un monde asiatique?

L’article original a été publié sur  Ria-Novosti 
*
Les BRICS sont un groupe de cinq pays (Brésil, Russie, Inde, Chine, Afrique du sud) considérés comme les grandes puissances émergentes d’aujourd’hui, et les géants de demain. L’acronyme BRICS est apparu en 2011, quand l’Afrique du Sud a rejoint le groupe BRIC. Le terme BRIC était apparu en 2001 dans un rapport tendant à démontrer que l’économie  des pays de ce groupe  allait rapidement se développer et que le PIB total des BRIC devrait égaler en 2040 celui du G6 (États-Unis, Japon, Royaume-Uni, Allemagne, France et Italie).


Ce rapport de 2001 n’a pas été contredit par les faits. Les BRICS sont respectivement les neuvième, sixième, quatrième, deuxième et vingt-cinquième puissances économiques mondiales et comptent déjà pour 40% de la population mondiale. En 2015, ils assureront sans doute 61% de la croissance mondiale selon le FMI et leur part dans l’économie mondiale ne cesse d’augmenter. Ce groupe  de pays représentait 16% du PIB mondial en 2001, 27% en 2011 et d’après des estimations récentes,  ce sera près de 40% en 2025. Les BRICS pourraient à eux seuls compter par exemple pour 70% de la croissance du marché  automobile mondial pour la prochaine décennie.
Les BRICS ont contribué à plus d’un tiers de la croissance du PIB mondial dans la dernière décennie. Ce siècle devrait être celui des BRICS puisque d’après la Banque mondiale, la Chine pourrait devenir la première puissance économique de la planète en dépassant les États-Unis dès 2020. Pour Goldman Sachs, l’Inde pourrait également dépasser les Etats-Unis au milieu du siècle. Le centre de gravité du monde de 2050 serait donc en Asie, les deux premières puissances économiques mondiales étant aussi les deux pays les plus peuplés de la planète. Par comparaison, les USA représentaient 42% du PIB mondial en 1960, ce chiffre est descendu à 26% en 2012, et encore moins (19%) pour le chiffre “à parité de pouvoir d’achat”. Pour autant, les pays du groupe BRICS apparaissent comme dispersés géographiquement et très différents. Ils n’ont jamais été alliés ni sur le plan économique ni sur le plan politique dans le passé. La Russie parait tirer sa force de ses ressources énergétiques, le Brésil devient le champion agricole de la planète, la Chine est déjà l’atelier du monde et elle est devenue le premier producteur mondial d’or. De plus les organisations politiques de ces pays sont assez différentes. Ces grandes différences économiques et politiques ne doivent cependant pas faire oublier les points communs qui existent: Des taux de croissance élevés, une dynamique d’industrialisation et un important marché intérieur non saturé. De plus, à l’exception de la Russie, ce sont des pays qui ont une réserve de main d’œuvre inemployée importante.

La progression du volume des échanges intra-BRICS montre bien à la fois la complémentarité des pays du groupe et leur croissance économique. Le volume de ces échanges intra-BRICS est passé de 15 milliards à 158 milliards de dollars entre 2000 et 2008, et pourrait atteindre 1.000 milliards de dollars en 2030.

Sur le plan intérieur, à l’exception de l’Afrique du Sud qui connait des difficultés,  on assiste dans les pays du groupe BRICS à une extension rapide de la classe moyenne. On estime aujourd’hui qu’en Russie 25% des habitants peuvent être comptabilisés comme appartenant à la classe moyenne soit 35 millions de personnes contre 20% au brésil (40 millions de personnes) ou 13% en Chine (160 million de personnes) et 5% en Inde (65 million de personnes). En Asie toujours, l’Indonésie ne compte plus ses projets d’infrastructures: routes, nouvel aéroport, et surtout chemin de fer bientôt construit par les chinois. Avec sa classe moyenne comptant désormais 30 millions de personnes (sur 240 millions d’habitants), l’Indonésie talonne les BRICS et s’est même payé le luxe d’un relèvement de sa note par les agences de notation. On devrait donc à ce titre très prochainement parler des BRIICS. Dans le domaine géopolitique, la puissance économique croissante des pays du groupe BRICS renforce leur influence, et favorise la naissance d’un monde multipolaire. Bien que ce groupe de pays ne forme aucune alliance militaire, des positions communes apparaissent, sur divers problèmes internationaux. Réunis en chine en avril 2011 les BRICS ont décidé par exemple de s’orienter vers des échanges bilatéraux sans passer par le dollar américain. On peut donc parler non seulement d’une interdépendance mais aussi d’une coordination entre émergents. Réunis à Moscou en novembre 2011, les vice-ministres des affaires étrangères du groupe BRICS se sont prononcés contre l’ingérence des forces étrangères dans les affaires internes des pays du Moyen-Orient. Une position semblable était apparue au moment de l’intervention franco-anglaise en Lybie. Pendant la dernière réunion du G20 en France à Cannes enfin, les pays BRICS se sont retrouvés en position de force, avec leurs réserves de change importantes, en position de demander aux pays de l’Union Européenne et aux USA un peu plus de rigueur budgétaire. Par ailleurs, le groupe BRICS exerce déjà des pressions pour que sa représentation dans diverses instances internationales comme le FMI, soit renforcée. L’idée que le patron du FMI ne soit plus forcément un européen est dans l’air. Du côté desinvestisseurs, ces marchés émergents suscitent toujours l’intérêt. Au terme d’une étude récente effectuée par Accenture, il apparaît que pour 80% des chefs d’entreprises, interrogés dans 85 pays, la priorité en matière de croissance repose sur les économies émergentes.

Enfin il est à noter que les BRICS sont tous éloignés, à des degrés divers, du modèle d’état nation homogène traditionnel tel qu’on le connaît en Europe de l’ouest par exemple. La Russie comprend plus de 100 peuples et nationalités, l’Afrique du sud a 11 langues officielles, la Chine reconnaît 56 nationalités différentes et l’Inde reconnaît 23 langues. La culture brésilienne, lusophone, parait plus homogène, mais la population provient de multiples immigrations, d’Europe, d’Afrique et du moyen orient. Enfin 3 des BRIC (Inde, Chine, Russie) ont une forte
composante musulmane de souche. Cet aspect pluriculturel et multiconfessionnel des BRICS ne parait pas gêner leur croissance économique.

Et si ce modèle partagé par les BRICS était le modèle d’avenir des nouveaux regroupements civilisationnels?